una rosa d'oro
Narrativa
I TESTIMONI DELLA LUCE
Racconto di Clelia Di Stefano
Il messaggero era venuto di notte, nascondendo il volto e riparandolo dalla luce improvvisa della lampada ad olio che risplendette nell’oscurità allorché la porta a cui aveva bussato si fu aperta. All’apparenza era muto, perché dalla sua gola, quando gli fu chiesto chi fosse, uscirono solo dei suoni gutturali rochi ed inarticolati. In cambio della risposta che non poteva dare aveva consegnato un foglio arrotolato di papiro a colui il quale aveva aperto la porta e quello lo prese delicatamente in mano, e, dopo aver fatto un gesto di saluto, in silenzio chiuse i battenti senza attendere che l’altro andasse via. L’uomo, che per dormire aveva tolto il berretto frigio che gli copriva la testa, aveva la chioma lunga e folta in disordine, così come erano in disordine le vesti indossate precipitosamente. Ma ora non pensava ad altro che a recarsi in un luogo della casa dove avrebbe potuto leggere in pace la missiva, perciò entrò in una stanza piccola, dove si trovavano un sedile e un tavolo, sedette ed alla luce della lampada ad olio aprì con cautela il rotolo di papiro.
Papyrus Bodmer. II sec. a.C.
Una grafia complessa e tortuosa rendeva pressoché illeggibile il testo, ma non tanto che un uomo colto ed esperto come lui non capisse quel che si chiedeva. Egli e i suoi due compagni erano chiamati a comparire davanti un alto dignitario del Paese in cui si trovavano per ragioni che sarebbero state rese loro note quando avessero voluto conferire con chi li mandava a chiamare. Ciò doveva accadere prima che sorgesse l’alba, perché nessuno potesse accorgersi del loro andare e venire, ed era cosa della massima urgenza. Si chiedeva altresì di dare conferma della loro adesione all’invito al latore della missiva. Ma egli si rendeva conto di non aver dato alcuna risposta all’uomo che aveva bussato alla porta. E comprese del pari che, prima di dare il suo consenso, avrebbe dovuto interpellare i suoi compagni, di cui pure era richiesta la presenza. Si decise a destarli dal sonno profondo in cui erano caduti, stanchi per il lungo viaggio e appesantiti per l’abbondante pasto che si erano concessi dopo giorni di digiuno. Finalmente, quando furono in condizione di comprendere le sue parole, egli narrò loro quel che era accaduto e domandò licenza di dare una risposta al messaggero, se ancora egli fosse rimasto ad attendere davanti la loro porta. Uno dei due avanzò dei dubbi: cosa mai potevano volere da loro i potenti di quel Paese? Essi erano venuti, da studiosi quali erano, per ricercare le cause di un fenomeno, per constatare “de visu” ciò che avrebbero voluto spiegare razionalmente come era loro abitudine, se fosse stato possibile, anche con delle formule matematiche o con dei diagrammi. Era anche vero che molti uomini influenti di diversi paesi si erano in più d’una occasione rivolti a loro per tentare di conoscere il futuro o per chiedere consigli sui tempi e i modi di affrontare i loro nemici, ma non sembrava che chi li avesse mandati a chiamare volesse sapere qualcosa di simile. Forse si pensava che essi fossero delle spie, degli inviati da parte di altri regni, venuti per ricercare nella loro terra qualcosa che i signori del luogo ignoravano e che invece fosse noto soltanto ai tre viaggiatori stranieri.
Dopo un lungo contraddittorio, stabilirono di rispondere che sarebbero andati, prima del levar del sole. Scrissero affrettatamente sul retro del papiro la loro risposta e andarono ad aprire la porta. Il messaggero, riverso sui gradini che davano accesso alla casa, dormiva. Colui che gli aveva aperto la porta lo scrollò con delicatezza, e con i gesti –forse era anche sordo, oltre ad essere muto- gli fece capire che doveva recare la risposta a chi lo aveva incaricato di portare la missiva. Il servo -tale pareva, ad una più attenta disamina del suo aspetto, anche per una medaglia che gli pendeva sul petto su cui era raffigurata un’immagine che avrebbe potuto essere il volto del suo padrone– sgranò gli occhi che risplendettero nella notte illuminati dalla lampada ad olio, prese il papiro e corse via come inseguito dai demoni. Intanto, lontana, già l’alba colorava di rosso purpureo l’orizzonte. Avrebbero dovuto alzarsi, per compiere le abluzioni rituali, indossare una veste degna di coloro presso cui si sarebbero recati, mettere il copricapo e salire sui cammelli. La loro consuetudine era antica: non appartenevano tutti e tre allo stesso popolo, ma, conosciutisi casualmente perché erano tutti seguaci di Zarathustra, avevano compreso che avevano gli stessi interessi culturali,lo stesso amore per la Scienza, e possedevano un animo da ricercatori appassionati che li spingeva spesso a viaggiare, con l’intento di scoprire nuove realtà. Il loro sguardo si spingeva sino al cielo, e ne avevano studiato le leggi e le manifestazioni. Ora erano venuti seguendo il loro interesse per un fenomeno celeste che si mostrava di rado –secondo i loro calcoli, forse ogni cento anni- e dal momento che era così raro, era apparso a loro come un evento mirabile, uno spettacolo meraviglioso che non era il caso di lasciarsi sfuggire. Essere stati testimoni di fenomeni di quel genere sarebbe stata cosa eccezionale, e loro avrebbero lasciato traccia di quell’esperienza nei loro scritti, a beneficio dei posteri. Uscirono dalla casa in cui avevano trovato ospitalità, e un giovane servo recò loro i cammelli, destati anzitempo e alquanto riottosi, che tuttavia agli ordini perentori dei padroni si accosciarono per consentire loro di salire sulle groppe ricoperte da preziose gualdrappe. Procedettero a lungo verso il centro della città, e poco dopo furono affiancati da due guardie a cavallo, che li salutarono rispettosamente, facendo cenno di seguirli. Attraversando strade anguste e sporche, su cui i piedi dei cammelli scivolavano destreggiandosi a stento nel fango, si accorsero di essere arrivati alla parte posteriore di una lunga cinta muraria, alta e spessa, in cui vennero fatti entrare, dopo aver lasciato le loro cavalcature, attraverso un angusto ingresso da cui si accedeva ad un grande e odoroso giardino. Il profumo della zagara era inebriante, la luce dell’alba vicina insufficiente per rendersi conto esattamente del luogo in cui si trovavano, ma compresero dal numero di soldati sempre crescente che incontravano che doveva trattarsi di uno dei luoghi del potere. Tutto fu chiaro quando il giardino all’improvviso si aprì per mostrare un’enorme spianata in fondo alla quale sorgeva il Palazzo Reale.
Città fortificata con cinta di mura medievali - Oman
Erano stati convocati dunque da qualche personaggio importante, da qualche dignitario che avrebbe estorto loro qualsiasi informazione avesse voluto e con qualunque mezzo. Sospirarono quasi all’unisono, e, sospinti dalle daghe delle guardie, entrarono in una sala piccola e scarsamente illuminata, dove, su un divano coperto di drappi ricamati, stava, semi-sdraiato, il Re in persona. Col volto segnato da tutti gli eccessi del vizio, le vesti discinte, la barba unta e lo sguardo truce, il sovrano non incarnava certo la maestà e la grandezza della regalità. Si rivolse a loro parlando con una voce impastata per le molte libagioni, le parole mozze,e chiese chi fossero, da dove venissero, quale fosse il loro mestiere. I tre uomini, che pure indossavano vesti preziose e un berretto frigio, non vollero dire esattamente chi erano: apparve loro troppo pericoloso rivelare il ruolo che essi rivestivano nei loro paesi di origine.
Resti del Palazzo di Erode, nell’Herodion
Dissero solo di essere degli studiosi, che si occupavano di astronomia e di astrologia, che erano venuti per studiare gli astri il cui aspetto era più visibile in quel paese data la nitidezza dell’aria. -Non è vero!- tuonò il Re, come risvegliandosi all’improvviso -le mie spie mi dicono che voi siete venuti per recare omaggio ad un re, figlio di un altro re, che sicuramente mi spodesterà, da quel che dicono le Sacre Scritture... Ho convocato i capi dei sacerdoti, gli scribi del popolo, e tutti mi hanno confessato che questo nuovo re è nato da pochi giorni in una piccola città vicina alla Capitale. Voglio conoscere quel che voi sapete in proposito, o vi pentirete del vostro silenzio!- Il più anziano dei tre, lo sguardo fiero, il volto inespressivo, lo guardò diritto negli occhi e gli rispose: -Non comprendiamo perché tu voglia sapere chi è Colui che è nato e sarà re, se non per eliminarlo come un probabile rivale.– Il sovrano allora, ostentando una cordialità melliflua e una sincerità ipocrita: -Io voglio sapere chi è e dove si trova– disse -perché anch’io voglio rendergli omaggio! Dicono che infatti sarà il Re dei Re! Perciò andate, indagate e portatemi la buona novella!- Allorché uscirono dal Palazzo reale ormai era giorno. Il sole alto nel cielo offuscava lo splendore delle stelle, già invisibili. Tornarono all’albergo, presero i loro bagagli e intrapresero la strada che era stata loro indicata per raggiungere il luogo dove speravano di trovare ciò che la stella aveva preannunciato. Quando la giornata volse al termine e la luce del sole divenne rossastra, mentre l’astro tramontava dietro le montagne, all’improvviso la loro stella fu visibile. Splendeva di una luce ultraterrena, quale essi, che pure da una vita contemplavano i corpi celesti, non avevano mai veduto. Essa era mobile, e procedeva innanzi a loro, per indicare la strada, più difficile da individuare ora che le tenebre stavano per sommergere ogni cosa. Sapevano che esistevano stelle mobili, che alcuni astronomi chiamavano “comete”, che lasciavano dietro di sé una scia di polvere astrale, che giravano intorno alla Terra e tornavano a farsi vedere dopo interminabili periodi di tempo, a volte più lunghi di una vita umana. Ma questa stella non aveva le caratteristiche degli altri astri che avevano contemplato o di cui avevano studiato la forma, i movimenti, la durata del percorso che essi compivano nella volta celeste. Era apparsa a loro nove mesi prima, e ciascuno d’essi aveva notato lo straordinario fenomeno, dandone notizia agli altri due, come era d’uso che facessero ogni qualvolta volevano comunicare i risultati dei loro studi e delle loro scoperte.
Ritrovatisi insieme, avevano concluso che dovevano esaminare documenti antichi, libri sacri di ogni religione, per indagare sulla probabile origine del fenomeno. Sapevano che l’apparire di una stella dalla straordinaria luminosità si legava sempre alla nascita di un essere umano dalle doti particolari. Speculando nei libri sacri delle genti da loro conosciute, erano venuti a conoscenza della profezia contenuta in uno dei Libri della Bibbia, testo sacro degli Ebrei, e avevano compreso che, se volevano osservare gli straordinari fenomeni che si sarebbero manifestati, avrebbero dovuto recarsi a Gerusalemme. Infatti le Sacre Scritture dicevano che sarebbe nato un re per i Giudei e che la sua nascita sarebbe stata annunciata da una stella. Quando essi erano giunti a Gerusalemme però la stella era scomparsa, oscurata del fulgore glorioso del sole, ma ora ricompariva, e nei loro cuori sentirono nascere una gioia straordinaria, e una forza interiore che li spingeva a sperare di arrivare al più presto per vedere l’oggetto dei loro desideri. La luce che proveniva da essa eclissava quella di tutte le altre stelle, e sebbene fosse alta nel cielo, tuttavia era straordinariamente visibile e grande, come se non una stella fosse, ma un’enorme lampada accesa, come una promessa ed un invito. Betlemme era ormai vicina, si vedevano da lontano le case, ma la stella piegava a destra, verso le montagne, sin quando si fermò, alta nel cielo, immobile eppure lampeggiando, come per comunicare qualcosa, per indicare che quello era il luogo dove dovevano giungere, dove avrebbero trovato Colui che cercavano.
Bethlemme
Eppure, il chiarore che emanava dalla stella illuminava un paesaggio desolato, qualche piccola casa costruita sfruttando le sporgenze e le rientranze della roccia montuosa, vicino ad alcune caverne dove i pastori ricoveravano il bestiame. Uno di loro parlò, e diede voce ai dubbi di tutti: non sarebbe stato possibile,disse, che un Re nascesse in una caverna, in una grotta buona a stento per gli animali. Avevano sbagliato strada, o erano stati tratti in inganno. Ma gli altri due gli diedero sulla voce: la stella non avrebbe potuto ingannarli, la sua luce era luce di verità, troppo pura e splendente per celare un inganno. Dovevano cercare lì, ovunque si nascondesse l’immenso tesoro. Scesero dunque dai cammelli, che legarono ad alcuni vecchi alberi d’ulivo, contorti e secchi, e cominciarono a guardare con attenzione ogni casa, ogni grotta, per scoprire una traccia di quel che cercavano. Finalmente, nella semioscurità, videro da lontano un andirivieni di gente, non tanta, ma che entrava continuamente in una grotta, dalla quale, a ben vedere ora che erano più vicini, proveniva un barlume tenue di luce.
Anch’essi entrarono, e lo spettacolo che si offrì ai loro occhi era il più misero eppure il più celestiale che fosse dato loro di vedere: un bimbo da poco nato stava disteso sulla paglia di una mangiatoia, coperto di pochi panni forse inadatti ad un neonato, ma certamente gli unici di cui quella madre disponeva quando il figlio era venuto alla luce.
Beato Angelico Natività del Signore - Particolare
Il Bambino si volse verso di loro, e, certo, era troppo piccolo per parlare, ma (essi lo confessarono poi gli uni agli altri) il suo sguardo luminoso e penetrante era stato estremamente loquace, pur nel silenzio della grotta: quello sguardo limpido e trasparente era pieno di amore, eppure soggiogava i loro cuori e diceva loro: -Siate testimoni di quel che avete veduto! Io sarò con voi, sino alla fine del Tempo!- Essi, vinti da quel messaggio muto, senza chiedersi altri perché, si prostrarono sino a terra, come facevano per i sovrani nei loro paesi, e lo adorarono. Non seppero mai quanto tempo stettero così, ad ammirarlo, in silenzio, senza rendersi conto d’altro se non del fatto che la loro anima era pervasa da una gioia incomparabile, da un amore struggente, dalla consapevolezza che quello era l’evento più straordinario a cui avrebbero mai potuto assistere e che per il resto della loro vita non avrebbero più rivissuto. Quando si riebbero volsero lo sguardo verso la madre, che stava presso il figlio, e gli accarezzava piano le piccole mani, quasi volesse assicurarlo con il contatto fisico della sua presenza, e lei li guardò e sorrise, di un sorriso celestiale che voleva esprimere l’ineffabile amore per la sua Creatura e un ringraziamento per la loro presenza, che sarebbe stata notata e avrebbe dato forza alla notizia della nascita di suo Figlio. In un angolo, distante dalla Madre e dal Figlio, stava un uomo, magro e ascetico, taciturno e pensieroso. Ma un ultimo adempimento avevano da compiere i tre visitatori: trassero dai loro capaci scrigni, che avevano portato dai paesi lontani da cui erano venuti, ciascuno il proprio dono.
Scrigno d’argento - I sec. a.Chr.n.
Balthasar, l’arabo, offrì dell’oro, segno della regalità del Divino Fanciullo; Caspar, l’indiano, depose ai piedi del Bambino l’incenso, per significare ch’Egli sarebbe stato sacerdote del suo Popolo; Melchon, il persiano, offrì la mirra, prima triste allusione al fatto che nella vita dell’Uomo-Dio la Morte avrebbe lasciato una traccia, ma sarebbe stata sconfitta. Quindi uscirono nella notte, e i loro corpi furono vinti dal sonno dopo la grandissima emozione dell’evento vissuto. La stanchezza che li colse era tale che si sdraiarono vicini ai cammelli, e facendosi scudo dei loro corpi si addormentarono pesantemente. Alle prime luci dell’alba, quando ancora tutto intorno non era chiaro abbastanza per distinguere in volto le persone, una parvenza angelica si accostò a loro che ancora riposavano, e tra il sonno e la veglia disse: -Non tornate da Erode! Non gli svelate dove si trova il Figlio di Dio! Egli è un uomo sanguinario e malvagio, e compirà presto una grande strage tra gli innocenti! Tornate ai vostri Paesi, e là parlate di Lui e date a tutti la Buona Novella!- Quando si svegliarono, ognuno narrò all’altro il sogno che aveva fatto e le parole dette dall’angelo. Compresero allora che ciò che avevano sognato era un avvertimento inviato dal Cielo e insieme decisero di tornare ai luoghi da dove erano venuti senza passare da Gerusalemme.
I Re Magi - Mosaico - S.Apollinare Nuovo - Ravenna
Clelia Di Stefano 9/1/2010.
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