una rosa d'oro

 

Narrativa


 

 

Giocatori di Polo

 

 

RITORNO IN PATRIA

 

Racconto di

Clelia Di Stefano

 

Le strade di Dehli erano impraticabili non solo durante il monsone, ma anche dopo che esso era finito da un pezzo.

Fango vischioso e mucchi impressionanti di sporcizia, stracci e carcasse di animali formavano sul terreno uno strato molle e scivoloso in cui i passanti penetravano per diversi centimetri faticando per trarsene fuori.

Il Grand Hotel Bangalore & Brown, un “cinque stelle” di stile neoclassico, da giorni aveva tentato di liberare l’accesso stradale al suo ingresso per ripulire la strada e consentire ai mezzi di trasporto di giungere sino alla sua porta.

 

New Delhi – Grand Hotel Taji Mahal

 

Arredato con mobili d’epoca e illuminato da lampadari con centinaia di candele, avrebbe ospitato i concorrenti stranieri che arrivavano in città per le gare “open” di polo, uno sport molto elitario, che si aprivano ogni due anni ai giocatori di tutto il mondo per mostrare come si gioca  una partita  più che per gareggiare con altri competenti della materia.

Il Maggiore Edward Mac Intyre era arrivato in mattinata, accompagnato dal groom Sahadi, dai suoi cavalli -un arabo agile e fiero, ma docile e coraggioso, dal mantello grigio, e un Akhal-Teké, dal mantello colore isabella con riflessi dorati, un animale splendido, che lo aveva portato spesso alla vittoria, rapido nelle brevi distanze, un po’ cocciuto, ma deciso- e da un rispettabile numero di bagagli.

 

 

Esemplare di Akhal-Teké

 

Mac Intyre proveniva da una zona montuosa dell’interno, dove era di stanza il suo battaglione. Campione del suo reggimento, era considerato uno dei pochi europei che potesse tenere veramente testa agli indiani, che lo rispettavano ed erano ben lieti di gareggiare con un degno avversario.

Era uno scozzese di quarant’anni circa, alto e robusto, con due baffi neri che si prolungavano sino al mento e gli davano un’aria vagamente orientale, tanto che molti ritenevano fosse un mezzosangue.

Di buona famiglia, a vent’anni, non essendo il figlio primogenito, aveva deciso  di trasferirsi dalla natia Edimburgo nella più grande fra le colonie inglesi e di diventare un ufficiale di Sua Maestà Imperiale Britannica, per far carriera nella gloriosa arma dei fucilieri che tanto lustro aveva dato all’Inghilterra.

Era riuscito nel suo intento, sia pur sacrificando sino a quel momento diverse aspirazioni personali, tra cui quella di contrarre un matrimonio con una fanciulla di rango superiore al suo, cosa non difficile nelle colonie dove le figlie di buona famiglia erano più numerose degli uomini dello stesso livello sociale e non di rado, pur di maritarsi, accettavano la corte di ufficiali del Regio Esercito che, prendendole in moglie, si arricchivano così di cospicue doti, anche se non sempre di graziose consorti. Infatti le fanciulle più carine spesso erano inviate dalle famiglie nella madre patria, dove si sperava che, frequentando gli ambienti adatti, potessero trovare mariti più adeguati alla propria posizione sociale.

Anche i giovani ufficiali, poi, che a loro volta appartenevano a famiglie altolocate di cui erano i cadetti, non di rado tornavano in patria per sposare qualche signorina nobile e ricca, talvolta di età superiore alla loro, non bella ma certo decorativa, perché sapevano che questo avrebbe giovato alla loro carriera.

Edward Mac Intyre non aveva mai lasciato l’India per tornare in patria, neanche quando era morto suo padre: infatti il titolo di baronetto sarebbe stato ereditato dal fratello e i beni di famiglia sarebbero stati divisi tra quello e la sorella di cui avrebbero costituito la dote.

Ora però il Reggimento dei Fucilieri della Regina Vittoria, Imperatrice delle Indie, metteva in palio, per la squadra che fosse risultata prima tra le inglesi nelle gare, un viaggio in  Inghilterra e un soggiorno nella madre patria della durata di sei mesi.

 

Divisa dei Fucilieri del

Reale Reggimento Britannico.

West India - XIX secolo

 

Il Maggiore Mac Intyre riteneva il premio non disprezzabile, e l’occasione più unica che rara. Poiché le sue sostanze non gli avrebbero permesso mai di andare in patria e restarci sei mesi, solo se avesse vinto avrebbe potuto partire. Ed era deciso a lottare.

Quella sera presso il Taji Mahal Hotel si sarebbe tenuto il ricevimento di apertura delle gare, e il Viceré in persona avrebbe dato inizio alle competizioni con un simbolico colpo di mazza nel giardino dell’albergo.

Sahadi, il groom, aveva messo in ordine la divisa migliore del Maggiore, le sue medaglie, guadagnate a prezzo di un paio di ferite di cui una sulla fronte, che gli dava un’aria un po’ truce ma molto affascinante per le signore, aveva spazzolato gli stivali  sino a farli luccicare, e gli aveva preparato un bagno caldo, lusso che ci si poteva permettere solo in un albergo di città, dove l’acqua calda usciva dai rubinetti nella vasca  da bagno in cui si potevano versare sali profumati forniti dallo stesso hotel.

Mac Intyre aveva accolto con estremo interesse l’usanza orientale di praticare il bagno quasi quotidianamente, non solo come norma igienica ma anche come segno di civiltà: gli europei sotto quest’aspetto non erano davvero molto progrediti e quando erano giunti in Cina e in Giappone avevano cominciato a comprendere i motivi dell’estrema ripugnanza dimostrata dalle donne orientali allorché erano costrette a stare vicino ad un europeo vestito di lana nella stagione estiva, sudato e maleodorante, che  molto raramente provvedeva all’igiene personale.

Quando si trovava sulle montagne dove era di stanza il suo battaglione, si serviva di una vasca di legno, costruita apposta per lui, dove Sahadi ed un paio dei suoi soldati versavano l’acqua riscaldata in capaci recipienti su un  fuoco di legna che veniva acceso davanti alla casa in cui viveva. I suoi commilitoni lo prendevano in giro per questa sua pratica igienica, ma non osavano accusarlo di essere effeminato perché si sapeva bene di quale virilità fosse campione un  uomo come lui.

 

John Leone - Polo - Poster image

 

Si presentò perciò al ricevimento dell’hotel Taji Mahal elegante ed impeccabile nella fiammante divisa dei Fucilieri, mentre il buon odore dei sali da bagno, unito a quello di un elegante tabacco che proveniva dai suoi sigari lunghi e sottili, lo precedeva e lo seguiva lungo il suo cammino, come se fosse immerso in una nuvola.

Il Governatore , che ne apprezzava le doti sportive e che lo conosceva da lunga data, gli venne incontro salutandolo con affetto paterno, e lo invitò a cenare al suo tavolo, dove, come gli disse, sarebbe stato in buona compagnia: erano arrivate infatti dall’Inghilterra due sue nipoti, figlie di un suo fratello, ed egli sperava che Edward si trattenesse a Dehli per qualche tempo onde fare da chapéron alle signorine e condurle a visitare le bellezze della città e dei dintorni.

Mac Intyre  si inchinò ringraziando: era conscio di ricevere un invito che molti gli avrebbero invidiato, ma non ne era molto felice. Infatti aveva sperato di allenarsi scrupolosamente e di riservare ogni momento libero dalle gare ad esercitarsi. Doversi dedicare a due giovani donne armate di Baedeker  non gli avrebbe lasciato un attimo di tempo libero, e questo sarebbe stato un problema per lui.

Perciò cercò di esprimere il suo rammarico per non potere dedicare tutto il tempo necessario alle damigelle per adempiere il compito affidatogli, ma mentre si sforzava  di portare a compimento un discorso tanto delicato, la moglie del Governatore, una signora prosperosa e soverchiamente agghindata, si avvicinò al marito, seguita da due fanciulle.  

Eleanor e Madeline -così si chiamavano, ma Edward non capì chi delle due fosse Eleanor e chi Madeline- si inchinarono allo zio e a lui, che strinse loro la mano per impedire che lo  salutassero come se fosse un vecchio. Per fortuna, in quel momento l’orchestrina dell’albergo diede inizio alle danze, e il Governatore dovette allontanarsi per invitare la  spigolosa moglie del Viceré, mentre il Viceré veniva con la stessa intenzione ad invitare la moglie del Governatore.

Allontanatisi i principali protagonisti della rappresentazione scenica della serata risucchiati dal vortice del ballo, Edward si rese conto di essere rimasto solo con due dame a disposizione: a quale delle due, senza offendere l’altra, avrebbe chiesto l’onore di un ballo?

 

Mural on a wall - Particolare - Jaipur City Palace - India

 

Eleanor e Madeline lo guardavano con  aria interrogativa, aspettando che scegliesse. Egli, però, adottò una decisione salomonica: non invitò nessuna delle due a ballare, ma le prese con autorità sotto braccio annunciando che avrebbero bevuto qualcosa in attesa di ballare la contradanza, che sarebbe stata condotta dal loro zio, il Governatore in persona. Intanto egli avrebbe cercato per loro un altro cavaliere. Le condusse poi alla buvette dove offrì loro una bibita adatta alle signore, con molto succo di frutta e poco rum, che tuttavia piacque alle sue compagne e le mise di buon umore.

Mentre dunque beveva e parlava con le sue damigelle, Mac Intyre si guardava in giro per tentare di trovare gli altri componenti della sua squadra di polo. Quando  credette di aver adocchiato il capro espiatorio della situazione, chiese scusa alle due sorelle per esser costretto a lasciarle sole e si allontanò un istante, puntando dritto verso il Tenente Richard Marshall, suo vecchio amico, di lui più giovane di otto anni circa, elegante, sportivo e spiritoso, che le ragazze si contendevano perché era divertente e riusciva a rendere piacevole la più insipida di tutte le feste con la sua partecipazione.

-Richard, vecchio mio, devi salvarmi! Ho sulle braccia le nipoti del Governatore, due care ragazze di cui sono disposto a cederti la più carina se solo tu te ne prenderai cura per  questa  sera e per i giorni  della gara, perché sono arrivate dall’ Europa or ora, e non sanno nulla dell’India. Sono entusiaste ammiratrici di questo vasto paese, e vogliono conoscerlo, ma io devo purtroppo gareggiare e non posso occuparmene ogni giorno. Tu poi potresti cercare un terzo compagno che ci sostituisca e io te ne resterò grato sin che vivo... Pensa inoltre che sono le nipoti del Governatore, e che sarà un onore introdurle nella società locale.-

-Edward, emerito imbroglione, ma chi credi di ingannare? Se non vedo le ragazze, non credo una parola di quel che mi dici: prima  presentamele, poi si vedrà...-

Si diressero così verso le due signorine, che intanto erano state circondate da un nugolo di giovani ufficiali  che le corteggiavano e le facevano ridere. Ma appena videro avvicinarsi Mac Intyre e Marshall, con una scusa salutarono e si dissolsero come la neve al sole.  Ristabilito così l’equilibrio i due cavalieri, poiché il Governatore iniziava a “chiamare” la contradanza, chiesero alle signorine di concedere loro quel ballo.

Quando la festa finì, Richard presentò alle due fanciulle il capitano Jeremy Powell, che non era un giocatore di polo e avrebbe potuto accompagnarle anche mentre  lui e Mac Intyre gareggiavano.

Tornarono  a piedi ai loro alberghi, poco distanti l’uno dall’altro, parlando del presente e del futuro, che ognuno di loro immaginava prospero e felice, e Mac Intyre disse che era ormai stanco di vivere in colonia e che desiderava tornare in patria, magari per sposare una brava ragazza che gli desse dei figli, prima che fosse troppo tardi per vederli crescere.

Marshall rispose che per lui questa prospettiva era ancora lontana, e poi, siccome erano già arrivati all’hotel Bangalore, si salutarono  ripromettendosi di continuare l’indomani a parlare del loro futuro.

 

Arazzo di Rajipur - Giocatori di Polo. XVIII secolo.

 

Ma non riuscirono in ciò che si erano riproposti. Infatti dovendo gareggiare tutti i giorni e in diverse partite, non ebbero tempo per nulla. Però ne uscirono soddisfatti: era stata una serie inarrestabile di vittorie e la squadra inglese si avviava  ad essere la prima in classifica con disappunto degli altri paesi partecipanti  alle gare.

Come capitano della sua squadra lo scozzese  era orgoglioso di  avere vinto ormai i due terzi degli incontri, restavano le gare finali, e lui sperava che i suoi cavalli, estenuati dalla frequenza delle prove, reggessero bene anche nella parte conclusiva del torneo.

Finalmente venne il momento dell’ultima gara. Il campo era gremito di spettatori, i suoi compagni di Reggimento erano presenti e avevano recato anche le bandiere vecchie e gloriose che li avevano accompagnato in guerra.

La giornata era splendida, soleggiata ma fresca, il parterre era gremito di eleganti dame e damigelle, accompagnate da gentiluomini benvestiti e militari nelle smaglianti divise d’ordinanza.

La partita era difficile, le squadre che si affrontavano avevano ambedue superato di slancio le precedenti eliminatorie.

Ma il terreno di gioco era troppo umido, e perciò cedevole sotto gli zoccoli taglienti dei cavalli, perché la notte precedente aveva piovuto molto.

Mac Intyre, appena il suo cavallo arabo toccò il rettangolo erboso del campo, diede in un’esclamazione di rabbia: sarebbe stata dura, con quel tipo di terreno, esser veloci.  Richiamò quelli della sua squadra, e diede loro pochi e precisi avvertimenti.

 

Francisco Miralles - Polo Match - proprietà privata - 1875

 

I sette minuti e mezzo del primo chukker passarono rapidamente senza che la squadra avversaria potesse fare goals.

Nel secondo tempo le cose peggiorarono. Il terreno cominciava a trasformarsi in una melma mista ad erba, le mazze di bambù sollevavano in aria zolle di terra che volavano insieme alla palla di legno di salice.

La squadra avversaria fece all’improvviso due goals uno dietro l’altro, e Mac Intyre imprecò ad alta voce, ricoprendo i suoi di contumelie, dimentico del far-play, mentre il secondo chukker si chiudeva senza aver il tempo di replicare.

Nel terzo tempo , maledicendo l’inerzia dei suoi compagni di squadra, lo scozzese riuscì a fare tre punti, ma si accorse che il cavallo zoppicava. La zampa posteriore sinistra, che già altre volte gli aveva dato fastidio, si era probabilmente distorta nel correre sul terreno disuguale che sembrava ormai fosse stato vangato palmo a palmo. Attese con ansia  la fine  del chukker, e si recò a bordo campo, dove Sahadi aspettava paziente reggendo per le briglie l’Akhal-Teké, che fiutava nervoso l’odore di sudore dei giocatori e avvertiva, pur senza essere in campo, l’eccitazione dei cavalli e dei cavalieri, nella baraonda della mischia e tra lo scoppio degli applausi e delle grida del pubblico.  

Mac Intyre lo accarezzò sul muso, non prima di essersi tolto il guanto: sapeva bene che il cavallo detestava l’odore della pelle conciata, e tollerava appena quello degli stivali. Gli parlò all’orecchio per un minuto, e quello scosse la criniera ondeggiando la piccola testa, rabbrividendo sotto il mantello dallo spettacolare colore biondo dorato. Poi fece qualcosa che lasciò di stucco il pubblico e gli avversari: piegò un ginocchio e la testa, rendendo omaggio al padrone. Lo scozzese gli batté la mano sul collo e saltò in groppa al cavallo, e, mentre suonava la campanella che avvertiva dell’inizio del quarto ed ultimo chukker, cavallo e cavaliere si precipitarono nella mischia, disposti a tutto.

Le mazze volteggiavano pericolosamente, maneggiate con forza e con rabbia. Il tempo scorreva rapido per il gioco più veloce del mondo, i cavalli volavano, riuscendo miracolosamente a non crollare l’uno sull’altro, abilmente frenati nella corsa dai cavalieri che dovevano agire quasi senza aver il tempo di pensare tanta era la foga e la fretta di portare a termine un’azione.

Ogni squadra fece quattro goals, che sommati a quelli dei tempi precedenti davano un risultato di parità.

Mac Intyre sentiva il sangue montare alla testa pensando al rischio, che si faceva di momento in momento più reale, di perdere un’occasione unica per tornare in patria. Ma mentre il tempo veloce stava per scadere, ecco che all’improvviso un cavaliere avversario si rese colpevole  di una penalty “gola”, cioè di un fallo pericolosissimo in prossimità della porta . Infatti, mentre si impegnava  nella manovra difensiva del “ride off”, spingendo uno dei componenti della squadra di Mac Intyre lateralmente in modo da fargli perdere il controllo della palla, gli tagliò la strada colpendo anche il suo cavallo duramente con la mazza.

Le scorrettezze commesse erano più d’una: il pubblico gridò scandalizzato, il codice d’onore di un gioco ritenuto sacro dagli Indiani e che gli Inglesi praticavano da tempo immemorabile nell’osservanza più rispettosa delle regole  era stato violato.

 

Gli umpires, ovvero gli arbitri a cavallo che seguivano da vicino la partita, non poterono fare altro che penalizzare la squadra avversaria, assegnando un goal di vantaggio a quella di Mac Intyre, mentre scadeva l’ultimo chukker e dalla folla saliva un boato  e un applauso interminabile per Mac Intyre e i suoi, che venivano tirati giù dai cavalli e portati a spalla in trionfo.

Ora egli sarebbe andato in patria, ora avrebbe trovato una sposa e avrebbe formato una famiglia, e i suoi figli avrebbero provato l’orgoglio di essere inglesi,  ed egli quello di dare  dei discendenti al suo nome, anche se privi del titolo che spettava ai figli che suo fratello avrebbe potuto avere.

 

La manovra del “rider off”

 

Quasi non udì le parole che il Governatore diceva rivolto a lui e ai suoi compagni di squadra consegnando l’enorme trofeo d’argento e attaccando al bavero della divisa la coccarda che recava inciso il motto internazionale dei giocatori di polo.

Uscì dal campo in groppa all’Akhal-Teké, carezzandolo e parlandogli nel dialetto indiano cui era stato abituato da Sahadi, il groom suo allenatore, e di nascosto, perché nessuno potesse vederlo, gli mise in bocca una zolletta di zucchero.

Il cavallo, quando lui saltò giù  e smontò, davanti le stalle, gli diede un colpo con la testa, per invitarlo a giocare, come soleva fare.

Ma Edward Mac Intyre era già partito, in ispirito: era sulla tolda della nave che lo avrebbe portato in patria, lontano ormai le mille miglia da quella realtà, estraneo alle congratulazioni che continuavano a fargli tutti i suoi commilitoni e gli amici. Il suo destino ormai era altrove, e si era inanellato attorno ad una mazza da polo e ad un cavallo Akhal-Tekè.

 

 

 

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Clelia Di Stefano