una rosa d'oro 

 

"NOBILES  OFFICINAE" :  

 quando la Sicilia era " il cuore pulsante " del Mediterraneo




Nell’XI secolo l’Isola di Sicilia fu conquistata dai Normanni.
I Normanni -uomini del Nord - venuti dalla Scandinavia ,passati in Francia e da lì in altre terre dell’Europa, altro non erano che i famosi Vichinghi,dapprima noti per essere predoni e pirati, ma una volta divenuti conquistatori di terre ed averne avuto l’investitura da Papi e Imperatori, si trasformarono in sovrani capaci di governare con mano ferma anche popoli che tentavano di ribellarsi al loro potere .


Arazzo di Bayeux
-Particolare: Cavalieri Normanni-1070/1077

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Tra le loro prime imprese vi fu la conquista di una parte dell’Italia Meridionale, dove erano giunti con la mira di impadronirsi di territori il cui clima mite e la cui fertilità li attraeva,tanto più se paragonata al clima inclemente della loro terra d’origine.
Ma le vicende storiche che seguirono al loro arrivo li portarono ben oltre i loro primi desideri: infatti, uno di essi, Tancredi d’Altavilla, diede origine ad una casata di uomini destinati ad una rapida ascesa 
politica e sociale, e, nel volgere di un paio di generazioni, i discendenti di quel Vichingo sedettero sul trono del Regno di Sicilia, traendone fama e prestigio, e ricambiando l’Isola col favorirne lo sviluppo commerciale, incrementando le potenziali capacità degli abitanti,costruendo città che abbellirono con straordinarie opere d’arte realizzate per mezzo di maestranze costituite da artigiani di razze molteplici, ciascuna delle quali, già presente per lo più nel territorio governato dai Normanni, aveva sue peculiari capacità creative, come accadde per gli architetti arabi, o per i tessitori e gli orefici siciliani.
Abbastanza tolleranti nei confronti dei sudditi per quanto riguardava l’osservanza della religione da parte dei singoli gruppi etnici, lasciarono che Ebrei, Musulmani e Greci ortodossi praticassero i loro culti ma, divenuti essi stessi cristiani cattolici, si legarono alla Chiesa di Roma non appena compresero quale fosse la sua importanza in quel momento storico e soprattutto la sua influenza sui popoli del tempo, ed avendo trovato la Sicilia pressocchè priva di strutture ecclesiastiche e di edifici che ne ospitassero le liturgie e i rappresentanti del Clero, costituirono una vasta rete di diocesi, vescovati, conventi e monasteri, e costruirono meravigliose chiese molte delle quali sono giunte fino a noi sfidando incolumi l’usura del tempo.





LE NOBILES OFFICINAE


Ma ciò che dei Normanni ci è pervenuto non è solo fatto di solida pietra.
A parte le testimonianze giunteci attraverso l’opera di storici loro contemporanei,come Hugues Falcand(Ugo Falcando, normanno sicilianizzato), o come G.E. Di Blasi, vissuto nel XVIII secolo ,ci sono pervenuti anche altri preziosi cimeli del tempo dei Normanni e dell’Imperatore svevo Federico II ,continuatore ed erede degli Altavilla per parte della madre Costanza, destinato alla corona imperiale per essere figlio di Enrico VI Hohenstaufen,imperatore del Sacro Romano Impero di origine Germanica.

 


Cofanetto in avorio-XI / XIIsec.
-Artigiano saraceno di età normanna.
Staatliche Museum Prussicher.Berlino-

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Questi straordinari oggetti fanno parte del Tesoro Imperiale e furono creati tutti a Palermo, in un particolarissimo ambiente,nato per soddisfare le esigenze dei Sovrani e della loro Corte, le “Nobiles Officinae”, vero gioiello esse stesse ,onore e vanto della nostra terra.
I Re normanni, infatti, avevano voluto che le vesti, i mantelli,gli ornamenti,i gioielli della Corona,tutto quello di cui essi avrebbero potuto servirsi, fosse realizzato all’interno delle mura del Palazzo: gli artigiani avevano a loro disposizione uno spazio particolare per lavorare, , che si chiamava “Tiraz” in arabo, “Ergasterion” in greco, “Nobiles Officinae “ in latino.

In questo spazio vi erano le fucine per la fusione dei metalli, gli strumenti per realizzare le opere richieste dai Re, dai cortigiani, dalla Chiesa,le materie prime,come l’oro,le pietre preziose,il cristallo di rocca, da cui gli artigiani dovevano fare nascere i loro capolavori.
Nello stesso luogo vi erano i laboratori dove si tessevano ,con la seta ottenuta in Sicilia e con lo straordinario filo d’oro lavorato dagli orefici di Palermo, le mirabili stoffe per i vestiti ed i mantelli destinati al guardaroba dei Sovrani, delle loro spose e dei loro figli.
Le Nobiles Officinae, dunque,erano degli ateliers, dei laboratori riservati ai Re cui però poteva attingere anche una vasta committenza,di cui facevano parte i nobili e gli ecclesiastici.
Tutto quello che gli artigiani –ma sarebbe meglio chiamarli artisti-siciliani crearono in quel tempo per i Re normanni e soprattutto in seguito per Federico II di Svevia,Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero,costituiva il tesoro del Regno,che, dopo la morte di Federico, fu portato in Germania .
Il tesoro comprendeva, tra le altre cose,il mantello reale di Ruggero II le scarpe ricamate di perle e di coralli dell’Imperatore,i gioielli delle Regine,le corone e gli scettri reali, gli anelli,i braccialetti,le collane,e, per gli uomini, le corazze,le spade con i loro foderi, i pugnali con l’impugnatura tempestata di pietre preziose.

 

Mantello di Ruggero II Re di Sicilia.-XIIsecolo
Schatzkammer del Kunsthistorisches Museum
Vienna.

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Vi erano anche olifanti ,piastrelle ,pissidi, tavolette e cofanetti di avorio istoriati con delle iscrizioni in lingua araba delle Sure del Corano,poiché molti operai ed artigiani che lavoravano nelle Nobili Officine erano arabi che vivevano da tempo in Sicilia.

Olifante d'avorio-XI secolo
Deutscheshistorisches Museum
Berlino

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Straordinari erano gli oggetti in cristallo di rocca,trasparenti e fini, di cui desta meraviglia la perfezione del lavoro di incisione e di politura, specie all’interno,di vasi e boccali; i ricami bordati col filo d’oro, con ornamenti di corallo,oro e pietre preziose o semi-preziose, granati, ametiste, ambre e corniole, che servivano più spesso per ornare oggetti d’oro destinati anche alla Chiesa.

 

Pastorale in avorio di epoca normanna.1120/ 1130
Musée des Thermes et de l'Hotel de Cluny-
Parigi

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Per quest’ultima, infatti, si creavano pastorali d’avorio finemente inciso, d’argento, di bronzo,mitrie di raso ricamate di perle e gemme,coperture di evangeliari incrostate di pietre preziose,stauroteche, cioè croci cave all’interno delle quali si trovava qualche preziosa reliquia, o del legno della Croce di Cristo, o delle ossa di qualche santo. Esse erano ornate di smalti cloisonnés,ovvero applicati nelle incavature ottenute raschiando l’oro e colmandone i vuoti con smalti multicolori, tecnica ,per quei tempi, estremamente difficile, che presumeva abilità lavorative eccezionali.



Mitria in raso rosso,filo d'oro,perline,smalto cloisonné e pietre preziose
Scuola palermitana(Nobil.Off.)XII sec.
Tesoro della Cattedrale di Scala

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Tutto quel che era stato creato nelle Nobiles Officinae non restò però a lungo nelle stese mani:il tesoro siciliano fu considerato,alla morte di Federico II, come parte integrante del tesoro e delle reliquie del Sacro Romano Impero di origine germanica,e passò, sempre più diminuendo a causa dei furti e delle sottrazioni indebite,nella città di Norimberga,nel 1424, dove restò sino al 1796,quando fu nascosto davanti all’avanzare delle truppe di Napoleone.
Successivamente pervenne per vie segrete nelle mani dell’Impero Austriaco, a Vienna, dove ciò che ne rimane è ancora custodito.

 

Coperta dell'Evangeliario di Alfano.
Palermo,1176 / 1182 -Tesoro della Cattedrale di Capua


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L’Austria ha conservato perciò nei suoi musei questi tesori,di cui una piccola parte è rimasta in Sicilia,e,per vedere queste meraviglie,bisogna organizzare delle Mostre e farsi prestare dai Musei dell’intera Europa gli oggetti preziosi che furono dei nostri Re,e qualche volta ce li rifiutano…-

Stauroteca-Oro e smalto cloisonné,pietre preziose.
1176/1182-Tesoro della Cattedrale di Capua.


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PREZIOSI CIMELI



Il gruppo di oggetti più importanti è il corredo delle vesti e delle insegne della regalità ospitati nella Schatzkammer(=camera del tesoro) del Kunsthistorisches Museum di Vienna,costituito dal Mantello di Ruggero II,una tunica blu,un ‘cingulum’,le calzature e la veste di Re Guglielmo II.
Il mantello di Re Ruggero, opera di straordinaria sontuosità,ha una forma approssimativamente circolare.
La stoffa di cui è fatto è uno sciamito rosso, il cui colore è stato ottenuto non dalla porpora, ma dal ‘chermès’, un colore ottenuto da insetti.Nonostante i suoi 860 anni, non appare danneggiato: nella trama è presente un minuzioso disegno costituito da viticci e medaglioni in cui sono iscritti motivi di fiori e foglie.
Il tessuto del manto è largamente ricoperto da ricami e disegni , tra cui spiccano, al centro, un ‘albero della vita ’,con sette rami; ai due lati dell’albero, due enormi leoni, in posizione speculare, sono raffigurati nell’atto di sopraffare due cammelli, già proni sotto gli artigli sfoderati dei leoni.

 

Borchia del mantello di Ruggero II- Palermo,XII secolo.
Schatzkammer del Kunsthistorisches Museum-Vienna


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Sulla testa di ciascun leone è applicata una borchia d’oro ornata di smalto cloisonné, a disegni geometrici,mentre le figure dei nobili animali, dal portamento eretto in contrasto con quello sottomesso dei cammelli,sono tutte bordate da filo d’oro e da due file di minuscole perle d’acqua dolce, che delimitano anche i riccioli delle criniere.Il bordo esterno del manto è costituito da un fregio ornato d’oro,perle, e piccole piastre d’oro e smalto con disegni per lo più geometrici. Un’ultima banda corre lungo l’orlo curvilineo del mantello, e reca un’iscrizione in caratteri cufici , che, da destra verso sinistra, dice:


<<Lavoro eseguito nella fiorente officina
 reale,  con  felicità e  onore,impegno  e
perfezione,possanza ed efficienza,gradimento e
buona sorte,generosità e sublimità,gloria e
bellezza,compimento di desideri e
speranze,giorni e notti propizie,senza cessazione
né rimozione,con onore e cura,vigilanza e
difesa,prosperità e integrità,trionfo e
capacità,nella Capitale di Sicilia,l’anno 528
(dell’Egira, cioè1133/1134 d.C.)>> (trad. Fr.Gabrieli)


Gli elogi sono rivolti chiaramente a Ruggero II,e la simbologia del disegno indica che il leone normanno ha sottomesso il cammello arabo.
Tuttavia, come si sa, conquistando la Sicilia, i Normanni ottennero il potere politico, ma il valore della cultura e della scienza e la religione degli Arabi non furono intaccati.
Le fodere del mantello erano tre: certamente cucite l’una sull’altra nel tempo, per l’usura delle precedenti, sono, nell’ordine, la prima e la più antica, di tessuto in seta dorato tipo arazzo,forse dell’inizio del XII secolo,con colori vivaci come il rosso,l’oro,il verde,il blu,il viola,il giallo ocra ,il bianco e il nero. 
La seconda è una fodera rossa, di manifattura italiana e tempo posteriore,(XIV secolo) . Come tipo di stoffa somiglia ad un lampasso,i disegni sono in verde,blu e bianco con motivi floreali.
La terza parte di fodera è in lampasso di seta verde, a volte cangiante, a fasce tono su tono e motivi vegetali.

 

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Particolari delle tre fodere del mantello di Ruggero II
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Schatzkammer del Kunsthistorisches Museum-Vienna

 


Il manto fu indossato attraverso i secoli da molti Re e Imperatori per la cerimonia dell’investitura, ed è certo che lo indossò Federico II di Svevia per la cerimonia della sua incoronazione ad Imperatore.
Appartiene a questo gruppo di tessuti reali una stola, adoperata per le cerimonie ufficiali, conservata pure a Vienna, in tessuto rosso di seta, ornata di palmette ricamate in filo d’oro e piccoli uccelli dorati, tutti motivi, come i precedenti delle fodere, di ispirazione medio-orientale.

 

Piviale vescovile- Sciamito rosso e filo d'oro-
Palermo, XIII secolo.Particolare del disegno.
Schatzkammer del Kunsthistorisches Museum di Vienna



LA CORONA DI COSTANZA D’ARAGONA



Tra i manufatti presumibilmente –o sicuramente- creati in Sicilia tra l’XI e i XIII secolo, alcuni sono di provenienza sepolcrale.
Apparvero per un breve periodo nel 1491 quando si cominciò la ricognizione delle tombe dei Re Normanni e Svevi nella Cattedrale di Palermo: si aprirono in quell’occasione quelle di Enrico VI di Svevia,Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia per matrimonio con la figlia di Guglielmo II il Buono di Altavilla, Re di Sicilia,e di Costanza ,appunto, sua consorte.
Ma le tombe si dovettero subito richiudere, perché il popolo cominciò a tumultuare, parlando di profanazione. 
Una nuova ricognizione si fece nel 1781, comprendendo i cinque sepolcri reali della Cattedrale di Palermo:di Ruggero II ,di Enrico(Arrigo)VI Hohenstaufen, ,di Costanza I d’Altavilla sua sposa, di Federico II di Svevia e di Costanza II d’Aragona sua sposa.
Nella tomba di quest’ultima,poggiata sul suo capo,fu trovata la mirabile Corona, detta con termine greco “kamelaukion”,splendido esempio di quell’oreficeria siciliana propria delle “Nobiles Officinae” di cui già si è parlato.

Corona di Costanza d'Aragona (Kamelaukion)
Nobiles Officinae -Palermo,XII secolo-
Tesoro della Cattedrale 


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Quando Federico II di Svevia,figlio di Enrico VI Hohenstaufen e di Costanza d’Altavilla ebbe l’età di 15 anni,essendo egli orfano di ambedue i genitori, il suo tutore,Papa Innocenzo III, per evitare che egli prendesse in moglie una principessa tedesca rinforzando così il suo diritto di ereditare la corona di Imperatore del Sacro Romano Impero, si adoperò per fargli sposare Costanza, sorella del Re Pietro II di Aragona.
La principessa, dopo aver trascorso l’infanzia alla corte del padre Alfonso II re di Aragona ,di Catalogna e signore di Provenza, era vissuta per 7 anni in Ungheria, come sposa del re Emerico III,morto il quale, Costanza, ormai vedova, era tornata presso la corte d’Aragona, dove ,in seguito alla morte del padre, regnava il fratello Pietro II.
Quattro anni dopo giungeva a Palermo, per divenire,lei ventiquattrenne, sposa del quindicenne Federico, che aveva accolto la notizia delle nozze impostegli con animo avverso. 
Ma la grazia e la nobiltà d’animo della sposa conquistarono ben presto il giovane re, che imparò a rispettare e ad amare la consorte. 

Costanza gli diede un figlio,Enrico, e rimase a reggere il Regno di Sicilia quando Federico partì per la Germania, dove i principi lo richiedevano per farlo Imperatore. Poiché frattanto era morto Innocenzo III, il Papa Onorio III,succedutogli, incoronò Federico II Imperatore a Roma, nella Basilica di S.Pietro, con la corona con cui era stato incoronato Carlo Magno.
Costanza assistette all’incoronazione avvenuta nel 1220, e rientrò con lo sposo nel Regno di Sicilia.
Ma improvvisamente due anni dopo, mentre si trovava nella città di Catania, Costanza morì a soli 38 anni,e il suo corpo fu riportato a Palermo, dove l’Imperatore la pianse accoratamente e volle che fosse seppellita nella Cattedrale,in un antico sarcofago, e sul capo biondo le pose una corona a cuffia, di cui si discute se fosse una corona femminile o maschile, posta sul capo della sovrana per onorarla dopo morta.
Infatti la forma della corona è simile a quelle che portavano gli imperatori bizantini, essa sarebbe cioè un “kamelaukion”,confezionato nelle Nobiles Officinae, per certo il più bell’oggetto a noi pervenuto uscito dal Tiraz di Palermo.
La corona è formata da un supporto a calotta,con due fasce incrociate a formare quattro spicchi, bordati da fasce auree incrostate di perle,piastre d’oro decorate a smalto cloisonné,gemme lavorate a cabochon, il tutto delimitato da piccolissime perline d’acqua dolce.
Tutta la calotta è ricoperta da una finissima filigrana d’oro rosso,mentre l’estremità inferiore di essa è bordata da una fascia in tessuto dorato con applicazioni di palmette d’oro al centro di ognuna delle quali vi è una piccola turchese.

 

Particolare della Corona di Costanza d'Aragona


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I cabochons di gemme sono granati, zaffiri,topazi,rubini e ametiste,di taglio ovoidale: in tutto, 37. Sono, come del resto era normale nel tempo e anche in seguito, gemme di riporto, cioè già usate e tratte da altri oggetti preziosi.Tra tutti, si nota un granato nel centro anteriore della corona, in cui è incisa una frase in caratteri arabi, che dice:
“ In Dio Isa, figlio di Giàbir,s’affida”.
Le parole sono incise in modo da ottenere, imprimendole, una visione in positivo: infatti doveva trattarsi di una gemma adoperata in un sigillo, prima di essere usata per la corona.
Ai lati del ‘kamelaukion’ pendono due bande,o”pendilia” o “infulae”,formate da tre catenelle cui sono sospese tre barre e sei piastrine d’oro ornate di smalti cloisonnés.Le appendici finiscono con dei piccoli pendenti in oro.
La corona ha subito nel tempo dei restauri non sempre felici, ma non ha mai perso il suo splendore e il suo fascino.
Quest’opera straordinaria,che oggi fa parte del Tesoro della Cattedrale di Palermo,prova le eccellenti capacità degli artigiani del tempo, ed il livello,certamente altissimo, dell’abilità e della professionalità di maestranze che conoscevano tutte le tecniche lavorative più avanzate dell’epoca.
Poterla ammirare dal vero dà un’emozione grandissima: è come un viaggio indietro nel tempo, come una sublime visione che scompare fugace e di cui può restare traccia solo nella memoria.


Kate Catà-

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