una rosa d'oro

 

Commenti e critiche


 

 GUERRA E DOLORE

 

CRW Nevinson-French Troop Resting -1916-
Imperial War Museum-London

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Guerra e dolore sono due termini che si integrano e si associano sin dai primordi dell'esistenza del genere umano sulla terra,un binomio inscindibile sin da quando l'uomo, forse ancora non in posizione eretta, lottava per difendere il suo territorio, il cibo, i figli.
Che la guerra comporti il dolore è un dato di fatto incontrovertibile.

Non ci si può aspettare che ciò che genera per sua natura distruzione e morte non produca effetti deleteri nell'animo e nei sentimenti di tutti coloro che alla guerra sono costretti a partecipare, in propria o per interposta persona, ma sempre coinvolti dalle sue conseguenze.

La guerra è guerra .
L'espressione può apparire scontata e obsoleta, ma non se ne può negare la validità, come si potrebbe affermare di un evento che abbia delle sue precise e immutabili caratteristiche. 
Come se si dicesse : la vita è vita,o la morte è morte.

La guerra è, cioè,in un certo modo:qualsiasi cosa facciano gli uomini oggi per darle un aspetto e una forma diversa,essa si rivolta contro di loro, riaffermando drasticamente le sue reali caratteristiche, come un mostro che sia rimasto sepolto da un crollo improvviso di macerie e riesca a liberarsene, riemergendo più feroce e vitale che mai.

Non serve quindi tentare di avvertire sei mesi prima un popolo-o il suo governo- che fra sei mesi gli si farà guerra: anche se con ciò si volesse dimostrare al resto del mondo che ,per una questione di fair play, non si aggredisce un nemico all'improvviso, e che gli si consente di preparasi all'evento bellico.

Non vale, similmente,parlare di "bombe mirate"o "intelligenti", convinti di colpire obiettivi che escludono la presenza umana e "rassicurino" circa le rette intenzioni di chi fa la guerra, come se ci fosse la possibilità di eliminare, nel paese avversario,solo delle parti vitali ma nocive senza distruggerne altre, e dopo questa sistematica sfrondatura, come si fa per i rami secchi di una pianta, restituire il paese così esemplarmente "potato" ad un nuovo avvenire, dalle splendide sorti e progressive.

A ciò si aggiunga la pretesa di fare la guerra calcolando con matematica precisione il probabile numero dei giorni che potrebbe durare, la convinzione che le cause presunte della guerra siano quelle sacrosante comunicate al mondo e agli alleati per giustificare la necessità del ricorso alle armi, e si avrà più o meno il quadro della falsa convinzione di cui si sono rivestiti coloro che la guerra l' hanno prima pianificata e poi fatta.

 


LE CAUSE DELLA GUERRA 

E' chiaro che in questa sintetica analisi del concetto di guerra si sta parlando della guerra dell'Iraq e di come essa sia stata affrontata partendo da presupposti che hanno sicuramente un'ambivalenza ed una scarsa chiarezza che ha ingenerato molti equivoci e creato deleterie confusioni.

Le cause, infatti, della guerra erano di duplice tipo: reali e supposte.Le cause reali, o per lo meno, quelle che chi aveva intenzione di fare la guerra considerava reali, erano germogliate all'interno dei fatti dell'11 settembre, e si erano ingigantite col passar del tempo.
Bisognava lottare contro il terrorismo. 
Ma il terrorismo non procede per le vie chiare e nette della conflittualità bellica. Conosce solo i percorsi tortuosi e segreti della destabilizzazione, degli attentati,delle stragi e degli assassinii.
Il problema fondamentale era individuare i responsabili dell'aggressione terroristica.
Avendo ritenuto che le basi logistiche delle forze del terrorismo fossero in Afghanistan,e che quest'ultimo proteggesse e ospitasse col pieno consenso del governo e del popolo le truppe e gli stessi capi terroristi,il territorio afgano fu oggetto di una sistematica distruzione e il popolo di vessazioni e maltrattamenti , mentre tutto il sistema economico, già duramente provato da anni di dominazione russa,subiva un crollo definitivo da cui ancora non riesce a risollevarsi.

Alex Ingram-Battaglia di El-Alamein - 1943-
Imperial War Museum-London


Ma il nemico non fu trovato, i terroristi non furono snidati da quello che l'intelligence dei paesi promotori della guerra aveva assicurato essere il covo dei briganti. 
Lo sguardo di chi voleva e sosteneva la sacrosanta lotta al terrorismo si volse allora verso un paese che,ancora una volta per informazione dell'intelligence,risultava in possesso di "armi per la distruzione di massa".
Questo paese era l'Iraq.
Governato da un dittatore laico in un contesto-quello medio-orientale - in cui gli stati sono per lo più diretti da capi di evidente matrice religiosa islamica, l'Iraq era guardato con sospetto sin dal tempo in cui gli si era mossa un'altra guerra-quella sì combattuta in breve tempo - per essersi appropriato dei territori petroliferi del Kuwait .
In tempi più remoti, la stessa nazione che poi ha dichiarato guerra all'Iraq, lo aveva rifornito di armi sofisticate e munizioni abbondanti per lottare contro uno stato vicino,l'Iran,dove la democrazia o almeno il tentativo di costruirne una era fallito miseramente sotto l'ondata irrefrenabile dell'integralismo islamico che aveva provato-e ancora prova - a migrare negli stati vicini.
Il dittatore laico, perciò, faceva comodo, perché era l'unico in grado di contrastare efficacemente il potere degli ayatollah tenendo il paese iracheno in un pugno di ferro e gli stati confinanti al loro posto, senza sconfinamenti.
Ma quando le fonti ufficiali d'informazione resero noto che l'Iraq possedeva le sunnominate armi "per la distruzione di massa", poiché si doveva dimostrare al mondo intero che si era trovato il capro espiatorio che doveva essere ritenuto responsabile della strage dell'11 settembre; poiché era impossibile incassare una simile debacle senza poter dimostrare che gli USA non riuscissero a trovare e punire il colpevole-che in realtà ancora non si è trovato, poiché Osama Ben Laden è e rimane introvabile- allora restava solo la possibilità di tentare la carta dell'occupazione dell'Iraq, con molteplici scuse e con ancora più numerose ragioni recondite, che, tuttavia, sono venute alla luce nonostante pietosi tentativi di camuffamento.
L'Iraq venne presentato come lo stato che maggiormente favoriva il terrorismo, che ne ospitava le basi nascoste, che forniva le armi e le strategie per abbattere le democrazie occidentali.
Le quali, per la maggior parte, sollecitate da Bush a dare il loro contributo "alla lotta contro il terrorismo", si rifiutarono di lasciarsi coinvolgere in un'impresa dai contorni imprecisi le cui cause apparivano pretestuose e poco chiare.
Solo l'Inghilterra,la Spagna e l'Italia aderirono alla proposta di collaborazione degli USA.
Si cominciò a parlare di interessi del paese che dichiarava la guerra nei confronti del petrolio iracheno.
La guerra intanto ,sul piano dell'occupazione dell'Iraq, procedeva con lentezza, e si arenava man mano che gli eserciti alleati procedevano verso il Nord-Ovest del paese.
Poi,all'improvviso,forse tradito dai suoi nella regione in cui era nato, il dittatore iracheno fu preso e fatto prigioniero senza opporre resistenza.
Ufficialmente la guerra finiva, ma paradossalmente cominciava proprio in quel momento.

 


IL DOPOGUERRA

 

Norman G.Arnold-The last Fight of Captain Ball-1917-
Imperial War Museum-London

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Crollata la dittatura come erano crollate le statue che per ogni dove esaltavano nel paese il dittatore, si liberavano tutte le forze più o meno occulte che egli aveva tenuto a bada col terrore e con una dominazione basata su relazioni familiari e parentali.
Si liberavano anche le proteste dei gruppi islamici che per decenni non avevano più potuto esprimere la loro religiosità e anche quelli che prima della dittatura erano stati tenuti a bada da una più potente maggioranza religiosa .

Gruppi di terroristi agivano all'interno del paese contro gli stessi iracheni e contro le truppe di occupazione, viste non come gli USA avrebbero voluto,cioè come liberatrici e portatrici di democrazia e di pace, ma come stranieri aggressori che si introducevano nell'Iraq per impossessarsi delle sue risorse economiche e per destabilizzarlo. 
Gli alleati europei di Bush,in seguito ad azioni terroristiche come quella verificatasi in Spagna,cominciarono a prendere le distanze.Le truppe spagnole furono ritirate, la Francia ha sempre mostrato il suo dissenso,l'Italia ha pagato il prezzo più caro.

I soldati italiani inviati dal nostro governo ufficialmente per mantenere la pace e aiutare l'Iraq sulla via della ricostruzione,sono diventati oggetto dell'aggressione di bande terroriste armate che gettano lo scompiglio in un paese senza governo né regole, poiché bisogna riconoscere che gli USA non solo non hanno saputo gestire il conflitto, ma neanche il momento ad esso successivo, lasciando il paese armato ma senza governo provvisorio per troppo tempo,in mano di religiosi islamici che tentano di ripristinare,sostenuti dal vicino Iran, una forma di dittatura religiosa, cui il popolo, sebbene abbia già sperimentato nel passato la durezza e la spaventosa realtà che essa comporta, appare resupinamente proclive.

Frattanto le bande di ribelli che agiscono all'interno dell'Iraq, di cui non si sa quale sia esattamente la matrice ma che appaiono legate in qualche modo ad Al-Qaeda, ossia all'organizzazione terrorista di Ben Laden,continuano ad uccidere non solo i soldati-italiani, americani,inglesi- ma anche i civili stranieri e gli stessi iracheni.
I morti sono molti di più adesso,nel periodo successivo alla guerra.
Il paese iracheno è squassato giornalmente da attentati, da sparatorie, da stragi vere e proprie che coinvolgono le truppe presenti sul territorio e la popolazione.
Il livello di sopportabilità del dolore è stato ampiamente superato,la presenza degli stranieri sta procurando una forma di xenofobia che dilaga da per tutto.


David Bomberg-Bomb Store-1942
Imperial War Museum-London

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Tornano in Italia i corpi dei nostri soldati morti senza una ragione, per difendere posizioni politiche assurde praticamente insostenibili, mentre l'onorabilità e la credibilità degli USA sono state infangate dalle azioni di tortura che alcuni soldati americani hanno gratuitamente inflitto a degli iracheni, vuoi per una sorta di ritorsione e di frustrazione a causa di una forma di belligeranza senza valide ragioni, vuoi perché i comandanti li avevano invitati,a loro dire, ad infierire sugli iracheni nella speranza di estorcere informazioni relative al terrorismo.

Nell'un caso o nell'altro, il popolo che si è sempre presentato al mondo come strenuo difensore dei diritti umani,ha dimostrato di aver toccato il fondo.
Il dolore delle famiglie italiane coinvolte in questo assurdo conflitto, che ufficialmente non è più una guerra, è venato di rabbia:non abbiamo difeso la nostra terra,non abbiamo sconfitto il terrorismo, abbiamo sacrificato tante giovani vite per la fine delle quali si ritiene che sia stata sufficiente consolazione celebrare funerali di stato con la partecipazione di importanti membri del governo.

Ma perché, ci si chiede, l'Italia ha preso parte a questa guerra?La scusa ufficiale è quella,scarsamente credibile, di aver voluto ostacolare il terrorismo, di essere stati al fianco degli USA nella lotta per ripristinare la libertà in Iraq.
Qualcuno mormora di sperate future imprese economico-commerciali per la ricostruzione del paese distrutto dalla guerra,o di contentini ricevuti in cambio dagli Americani sul piano del successo politico della coalizione di governo.
Qualunque sia la verità, ci sembra inaccettabile che ,trovata fortunatamente la via dell'intervento dell'ONU,che avrebbe dovuto essere richiesto anche prima di fare ricorso alle armi,ci si ostini ancora a fare restare sul suolo iracheno le nostre truppe, per rischiare altro dolore, altre giovani vite spezzate, per regalare a chi ha sbagliato obiettivo l'alibi del nostro appoggio e della condivisione di un impegno che non valeva il sangue versato.

Di fatto, mai come in questa occasione il delirio di onnipotenza degli USA li ha portati fuori dal seminato e ha loro impedito di vedere con chiarezza in quali sabbie mobili andavano a cacciarsi: un altro Viet-nam,un'altra guerra assurda che non ha reso profitti per il denaro impiegato. 
Ma gli Stati Uniti d'America non potranno pretendere ancora per molto di inserirsi impunemente nella vita politica ed economica dei paesi del mondo: è già forte la protesta per un'invadenza che ammanta senza troppa efficacia la propria insistenza con la scusa di liberare l'umanità dalle dittature ponendola sulla strada della democrazia: non sarà più tanto facile, dopo le torture dell'Iraq.

 

John Nash-Fronte Occidentale-1916
Imperial War Museum-London


Kate Catà. 

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