una rosa d'oro

 

Commenti e critiche


 

 

DESTRUTTURAZIONE  RICOSTRUTTIVA

 

UN'ANALISI - Parte Prima -

 

a cura di Kate Catà

 

 

Com’è a tutti noto, la società intesa come l’insieme degli individui che la compongono, pur senza considerarne l’origine etnica e il livello economico, è un organismo in continuo mutamento.
Si preferisce parlare di mutamento e non di evoluzione perché, durante gli spazi temporali in cui si verificano i mutamenti, essi non sempre hanno un risultato positivo e tale da poterlo considerare come un miglioramento rispetto alla fase precedente.
Non di rado, anzi, i cambiamenti che si effettuano nel tessuto sociale appaiono, se guardati da vicino, come un peggioramento rispetto al preterito: solo nella lunga corsa sarà possibile giudicare se veramente quel che è cambiato abbia generato dei mostri o abbia giovato ai singoli e a tutta la società.

Umberto Boccioni
Stati d’animo : gli addii -1911-
Civico Museo d’Arte Contemporanea - Milano



Nel periodo storico in cui viviamo, la società occidentale è investita da un particolare processo di mutamento, che chiameremo di destrutturazione ricostruttiva.
L’espressione –un ossimoro –sta ad indicare il processo di autodistruzione della società la quale disgrega progressivamente gli elementi che la costituiscono nel tentativo di sostituirli con altri,nuovi, o di abolirli del tutto, per rinascere a nuova vita con caratteristiche differenti.
Il tentativo di un’analisi di tale fenomeno passa obbligatoriamente attraverso diversi momenti, volti ad individuare gli elementi costitutivi della società che subiscono questo processo di destrutturazione e le fasi successive che portano al loro mutamento definitivo.

In fine, sarà utile cercare di comprendere se qualcuno degli elementi sottoposti a mutamento abbia probabilità di sopravvivere, sia pure sotto mutate spoglie, o se possa essere più o meno vantaggiosamente sostituito da qualche altra struttura equivalente o completamente differente.
 



Esempi di destrutturazione

Uno fra gli esempi più clamorosi di destrutturazione presentatosi negli ultimi decenni è quello della Famiglia.
Considerata per secoli come la cellula primaria della società,basata su determinati elementi fondamentali- la coppia dei genitori,uniti in matrimonio per lo più con una cerimonia religiosa; i figli; i fratelli; le sorelle; i nonni; gli zii; i cugini; i cognati; i generi; le nuore; i consuoceri – la famiglia è da tempo divenuta da patriarcale mononucleare,costituita ,cioè,unicamente dai genitori e dai figli.

Questo in Europa, sino a 50 anni or sono.

Poi, gradatamente, è iniziato un processo di sfaldamento dei valori che tenevano unita insieme quella che ancora si poteva considerare il nucleo essenziale da cui nasceva e si evolveva l’individuo,protetto in una nicchia che gli garantiva le cure essenziali per la crescita,l’educazione,la formazione e l’inserimento nella società e nel mondo del lavoro.
In nome della libertà individuale,la famiglia ha subito il primo durissimo colpo con l’avvento del divorzio.
Qui non si giudica la liceità del fenomeno,peraltro avallato dalla legge,ma le conseguenze che esso ha avuto e le modalità che lo hanno portato a determinare l’inizio vero e proprio del processo di destrutturazione della famiglia quale primo gradino della piramide sociale.

Umberto Boccioni
Stati d’animo: quelli che vanno - 1911 -
Civico Museo d’Arte Contemporanea - Milano 


Col divorzio, la famiglia perdeva uno dei componenti essenziali del nucleo:il padre o la madre, mentre i figli venivano a mancare di uno dei referenti indispensabili per lo sviluppo armonico della personalità,particolarmente nell’età evolutiva.
A loro volta, i due componenti la coppia genitoriale, spinti dal desiderio di ricostituire una famiglia, hanno cercato di trovare un nuovo partner, che, dopo la celebrazione ufficiale del divorzio, è divenuto non di rado il legittimo coniuge dei divorziati.

Ma un nuovo mutamento si è registrato in questo processo di destrutturazione: la nuova coppia ormai,nella maggioranza dei casi, non ritiene necessaria la celebrazione di nozze regolari, sia pure civili, e il rapporto si trasforma in una convivenza,fenomeno sempre più frequente.
Ciò accade per lo più per il padre, che è quello dei genitori che di solito non ha l’affidamento dei figli. 
I quali ,generalmente,fino alla maggiore età, restano con la madre, che,in linea di massima, non riesce a formarsi una nuova famiglia con l’acquisizione di un compagno o di un nuovo marito,dal momento che una donna divorziata con dei figli è un gravame non indifferente da gestire sia sul piano umano che dal punto di vista economico. 

Ne consegue che il nuovo nucleo familiare che si forma comprendendo le due figure tradizionali della famiglia, ossia il marito e la moglie, è quello che mantiene al suo interno l’elemento maschile della coppia primigenia, laddove l’elemento femminile, ossia la moglie-madre, resta a far parte di una famiglia per così dire dimezzata, in cui sono presenti i figli,ma è assente il padre.

Naturalmente, la situazione dei figli è la più critica.

Venuto a mancare il referente maschile –più di rado,come abbiamo visto,quello femminile – manca anche, durante l’età evolutiva, il contatto continuo e quotidiano con uno dei due modelli fondamentali con cui confrontarsi, cosa che è indispensabile per qualsiasi individuo.

Costretti poi a vedere il genitore divorziato in determinati giorni della settimana o in certi periodi dell’anno,i figli vivono un’emivita affettiva ove uno dei due, il padre o la madre, non è mai compresente negli incontri che essi, i figli, hanno col genitore per lo più assente.

Secondo le caratteristiche individuali,vi sono poi padri che riescono ad essere molto presenti nella vita dei figli nonostante il divorzio,mentre altri lasciano che la madre si occupi dell’educazione,della salute, dell’istruzione dei figli che finiscono con l’avere un solo genitore,e, in ogni caso, meno affetto,o,se non si vuol dare l’impressione di badare più al quanto che al quale,un affetto di un solo tipo, che diventa il modello unico a cui potersi ispirare quando si è cresciuti.

Ne derivano casi di sbandamento in diversi giovani, che,mancando della presenza attenta ed assidua di ambedue i genitori, crescono spesso come individui che finiscono con l’avere problemi di ordine sociale ed affettivo.

Umberto Boccioni
Stati d’animo :quelli che restano – 1911 –
Civico Museo d’Arte Contemporanea - Milano

 


Analizzati dunque i momenti successivi della destrutturazione quale essa è nel momento attuale,è possibile affermare che nella realtà sociale odierna in Italia

-si potrà vedere poi qual è la situazione in altri paesi occidentali- convivono famiglie di vario tipo.
Tra esse ci sono ancora famiglie tradizionali, il cui numero diminuisce ogni giorno,famiglie mononucleari, famiglie dove i coniugi sono divorziati e risposati,famiglie in cui la coppia genitoriale è costituita da divorziati conviventi, e infine famiglie in cui la coppia genitoriale è costituita da conviventi mai sposati.

Questa tipologia familiare si è formata per ultima e per analogia con le coppie conviventi di divorziati, ma si tratta di una scelta non obbligata, che potrebbe trasformare liberamente ,in seguito al matrimonio civile e/o religioso, la convivenza in una famiglia regolare.
Tuttavia,proprio questo tipo di aggregazione è quello che costituisce,come vedremo, il maggior pericolo per la famiglia futura.
A questo punto ci si rende conto, peraltro, di come il termine “famiglia” si sia svuotato del significato primigenio e abbia acquisito unicamente quello di “forma di aggregazione che ha per base una comune convivenza”.

Infatti, alle tipologie familiari precedentemente esaminate,per rendere più completo l’elenco, bisogna aggiungere le famiglie costituite da coppie omosessuali, anch’esse di recente formazione, non riconosciute dalla legge in molti paesi occidentali, ma ritenute valide in molti altri.
Inoltre, lo stesso fatto che la famiglia non sia più costituita, nella maggior parte dei casi, dagli elementi tradizionali che la caratterizzavano, fa sì che siano cambiate anche le sue finalità,le modalità di gestione e le responsabilità individuali dei suoi componenti. 



FINALITA’ DELLA FAMIGLIA 

Nel quadro di definizione della famiglia allo stato attuale, di cui non si sa ancora se sia sulla strada della ricostruzione di un nuovo modello che possa divenire quello definitivo o se sia pur sempre nella fase di destrutturazione, è lecito chiedersi quali fossero le finalità della famiglia di una volta e quali siano quelle di ciò che rimane oggi dell’istituto familiare.

Come si è detto all’inizio di questa breve analisi, la famiglia quale cellula primaria della società aveva uno scopo altamente protettivo, che si esplicava non solo, come si è già accennato, in direzione dei figli, ma anche di tutti i suoi componenti,particolarmente di quelli ritenuti più deboli e quindi più bisognosi di assistenza.
Essi erano i bambini, le donne, gli anziani, i malati, gli handicappati –anche se allora non si definivano così – e la servitù, che, facendo parte della famiglia nobile e borghese, veniva considerata un patrimonio da riguardare e garantire dai pericoli generati dal mondo esterno . 

Fatta eccezione per i fanciulli, a cui è sin troppo noto quali e quante cure dedicasse la famiglia nel passato, e delle quali si potrà discutere la qualità ma non si potrà mai negare la quantità, la categoria da considerare subito dopo è quella delle donne. 
Esse venivano private di molti diritti in nome di una presunta tutela protettiva, a loro si negava spesso la vocazione al lavoro o , di contro, le si obbligava ad un lavoro che le sfruttava senza un’adeguata remunerazione.

La quale poi, poca o tanta che fosse, confluiva nelle tasche del capofamiglia senza lasciare alcuna gratificazione per chi l’aveva guadagnata con la propria fatica. 

Umberto Boccioni
Stati d’animo : gli addii – 1911-
Museum of Modern Art –New York


La principale funzione che era riconosciuta alla donna e per la quale veniva pubblicamente lodata era la maternità, mentre le veniva dato l’ostracismo in caso non potesse avere figli, senza pur tuttavia sapere se ciò accadesse per causa sua o del consorte. 
Uno dei lavori che la famiglia -e quindi la società- riteneva confacente per una donna era l’insegnamento, mentre non era considerata femminile una professione come quella del medico, pur convenendo l’opinione pubblica che fosse squisitamente femminile ed onorevole che una donna facesse particolarmente in periodo di guerra l’infermiera o la crocerossina. 
Gli anziani e gli ammalati nella famiglia patriarcale erano curati con premure affettuose,non li si lasciava mai soli, si accudivano in tutte le loro necessità, e,mentre nelle famiglie abbienti era la servitù la più coinvolta nell’assistenza a queste due categorie e a quella degli handicappati, nelle famiglie più modeste o povere esisteva una figura caratteristica, della quale non si fa mai menzione,ma che in realtà risolveva tutti i problemi della comunità familiare e se ne faceva carico,volente o nolente.
Era questa persona, di solito, la più grande delle figlie femmine della casa, di cui la madre soleva dire, con orgoglio -ma anche con sovrano egoismo- “questa l’ho fatta per me”.

Cosa significasse questa affermazione, l’interessata non lo comprendeva se non quando, giunta in età scolare, le si impediva in mille modi e con infiniti raggiri la prosecuzione degli studi, anche se fosse stata diligente e intelligentissima.
Proseguendo negli anni, poi, allorchè arrivava il momento di convolare a nozze,cosa desiderata ardentemente da tutte le fanciulle,  le si palesava la terribile verità: ella non si sarebbe sposata, ma sarebbe rimasta zitella a vita, una monaca di casa.
Avrebbe dovuto servire la vecchia madre, che la comandava a bacchetta, avrebbe allevato i nipoti,figli dei fratelli e delle sorelle, sarebbe rimasta a casa per accudire vecchi e bambini la sera quando tutti uscivano,andavano a teatro, ai ricevimenti, a far visita agli amici.

Avrebbe potuto recarsi in chiesa alla messa dell’alba, perché il conforto della fede non le si poteva negare, e perché anche la Chiesa l’avrebbe esortata a svolgere con pazienza il suo umile e pur utilissimo compito. 

Producendo quindi un tale campione di infelicità,la famiglia si garantiva il raggiungimento di una finalità primaria: l’organizzazione della vita familiare e l’assistenza per la sua parte più bisognosa di cure . 

Umberto Boccioni
Stati d’animo: quelli che vanno -1911
Museum of Modern Art – New York


Quanto agli handicappati, la famiglia patriarcale li proteggeva in un modo oggi impensabile: nascondendoli agli occhi estranei,chiudendoli in una recondita parte della casa,ignorando ufficialmente la loro esistenza e facendone dei sepolti vivi.

Essi non avevano né potevano esercitare alcun diritto, né si poteva loro richiedere che osservassero alcun dovere, tranne nelle famiglie meno abbienti dove i minorati mentali o gli zoppi,i sordi, i ciechi e tutti coloro che soffrivano di una qualche menomazione fisica, divenivano per la loro inferiorità servi di tutta la comunità familiare,disprezzati e derisi,oberati di fatica. 

La servitù, infine,sebbene fosse sicuramente sfruttata perché non esistevano regole che prevedessero livelli di remunerazione,tutela della maternità,dell’infanzia o della vecchiaia, viveva protetta dalle mura dei padroni per cui lavorava, che garantivano un tozzo di pane, i resti della tavola padronale, un letto per la notte e un posto accanto ad una fonte di calore in inverno.
Fuori dalla famiglia,la servitù mancava di un centro di gravità, e solo dopo le battaglie sociali iniziate nel XVIII secolo la presa di coscienza dei lavoratori domestici cominciò ad immaginare altri tipi di rapporti lavorativi.

A fronte di tali modalità attraverso cui si realizzavano le finalità della famiglia di un tempo sino alla prima guerra mondiale e oltre , modalità apparentemente semplici ma in realtà complesse, la famiglia mononucleare dei tempi più recenti si è liberata di molte imposizioni restrittive provenienti dalla famiglia d’origine, dal diktat degli anziani che erano gli unici a decidere dei comportamenti e delle scelte di vita di figli e nipoti.

La coppia genitoriale era divenuta unica responsabile dell’educazione dei figli, delle decisioni esistenziali che avrebbero impresso un certo segno nel futuro di tutta la famiglia.
Ma senza dubbio essersi staccati dalla comunità familiare d’origine significava non usufruire più dell’assistenza per i piccoli,i malati, i deboli che veniva prima garantita e ora ricadeva sulle spalle dei genitori e soprattutto della madre, mentre la necessità del lavoro femminile extra-domestico si faceva sempre più impellente impegnando la donna su due fronti: quello all’interno della famiglia e quello sul posto di lavoro.

Le conseguenze dell’estendersi del lavoro femminile, che costituiva un vantaggio non di poco conto per gli uomini sul piano finanziario ai fini del mantenimento della famiglia, non furono indifferenti, e sebbene non sia questo il luogo per parlare diffusamente di tutte le fasi della lotta per l’affermazione della donna in seno alla società e al mondo del lavoro, non si potrà fare a meno di ricordare che, sottraendo la sua presenza alla casa e alla cura diuturna dei figli, la donna si emancipò da un canto, ma, nello stesso tempo,si fece carico di un peso anche maggiore e di doveri che si moltiplicarono, a cui non ha potuto sottrarsi, riservando sempre meno tempo a se stessa e al suo privato.

Così le finalità della famiglia ristretta si limitavano a garantire la sua stessa esistenza, e, secondo la fascia sociale di appartenenza e il reddito, ad offrire ai suoi componenti il necessario per vivere dignitosamente, mentre il rapporto con i parenti si stemperava allentandosi a favore delle relazioni amicali che prendevano sempre più il posto di quelle parentali.

Umberto Boccioni
Stati d’animo: quelli che restano – 1911--
Museum of Modern Art – New York

 

La società dei consumi, col passar del tempo,ha inciso non poco sulla famiglia ristretta o mononucleare: ciò che prima era considerato superfluo, è divenuto indispensabile, spingendo i componenti del nucleo familiare a chiedere sempre di più a chi, producendo col proprio lavoro,doveva rifornirli di denaro.

Si sono create necessità fittizie e non reali: gli elettrodomestici,gli strumenti tecnologici,i mezzi di trasporto sempre più sofisticati,gli indumenti firmati,gli strumenti per praticare uno sport,l’interesse per i viaggi : il tutto non considerato come una necessità individuale,ma come uno ‘status symbol’,che collocava in una determinata fascia della società e consentiva la realizzazione dei rapporti sociali che avviano al successo anche nel mondo del lavoro.

Per ottenere tutto ciò che viene offerto dalle sirene della pubblicità senza cui la vita sembra meno bella, la coppia genitoriale ha dovuto lavorare di più per produrre un reddito maggiore: ma così facendo ha corroso notevolmente lo spazio temporale prima dedicato alla famiglia e soprattutto ai figli. 
I due partners dopo alcuni anni di matrimonio si vedono sempre meno,i figli finiscono col sentirsi abbandonati,i genitori per tacitare la propria coscienza li riempiono di regali inutili e costosi, che non servono a colmare i vuoti della loro assenza.
Quando padre e madre non si intendono più, subentra il divorzio,e la famiglia ristretta non ha rimedi per turare le falle di un tale disastro.

Chi ha soldi, ancora una volta tenta un salvataggio in extremis: si cerca una baby-sitter, una collaboratrice familiare a tutto servizio-pardon, ad orario intero- per accudire i piccoli rimasti soli, la madre è al lavoro,il padre è andato via da casa, o la madre è scomparsa, il padre tenta di dividersi tra quel che resta della famiglia e il lavoro di cui non può fare a meno se vuole mantenere i figli.
Nel ceto meno abbiente si cerca un aiuto ancora nella famiglia d’origine: i nonni, le zie, diventano i sostituti dei genitori assenti, conservando tuttavia un calore ed un affetto più sincero per le piccole vittime innocenti dello sfascio familiare.
 



LA FASE RICOSTRUTTIVA

E si torna al punto di partenza: si cercano nuovi equilibri, si tentano nuove accoppiate,si prova a ricreare un simulacro di desco familiare.
Ma se nelle due tipologie esaminate le finalità rimanevano pur sempre limitate all’interno della famiglia, non è più così in quel nuovo tipo di aggregazione familiare –o meglio, pseudo-familiare –che è la coppia generata da uno dei componenti divorziati, con l’aggiunta di un nuovo elemento che viene a colmare il vuoto lasciato dal legittimo coniuge che ha scelto –o ha dovuto scegliere –la libertà dal vincolo matrimoniale.

 Umberto Boccioni
Elasticità – 1912 --
Civico Museo d’Arte contemporanea - Milano

 


Infatti la nuova coppia che si forma sulle rovine della precedente,di rado ormai convola a nozze,che possono essere solo civili-sono molto rari infatti i casi di dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale da parte del Tribunale della Sacra Rota- perché il costo delle pratiche per il divorzio, il mantenimento della prole avuta dal precedente matrimonio,l’assegno di mantenimento per l’ex-coniuge sono molto dispendiosi e non tutti quelli che divorziano possono permettersi di celebrare “comm’il faut” un altro matrimonio.

Un’altra motivazione della scelta della convivenza ,avanzata anche da chi va a convivere senza precedenti divorzi alle spalle, è che ,per il timore di fare una scelta definitiva sbagliata, si preferisce vivere qualche tempo con il compagno o la compagna,metterlo alla prova, saggiarne le qualità, e, se sono positive,fare la scelta del matrimonio, altrimenti recedere da un rapporto che sarebbe causa di infelicità.
L’ultimo ‘perché’ è quello squisitamente economico: andare a convivere significa saltare a piè pari cerimonie,spese di ricevimento,di abiti,viaggi di nozze e tutto il carrozzone che il matrimonio porta con sé:ci si sposerà solo se per caso dovesse arrivare un figlio.
Ecco dunque che si tenta la ricostruzione di un nuovo nucleo di un tipo di aggregazione simile a quello familiare: e si dimostra come e perché la convivenza è destinata, per comune parere, a diventare , almeno sino a quando la situazione economica –parliamo dell’Italia- non si stabilizzerà, la fase ricostruttiva finale cui tende la nuova famiglia.
Ma questa forma di aggregazione è per molti aspetti diversa da quella familiare.
Anzitutto, non c’è alcun vincolo né formale né sostanziale che leghi i due principali elementi della coppia. 

Ciò,dal punto di vista legale, non garantisce alcuna possibilità di obblighi di mutua assistenza, di protezione ed allevamento della prole, di eredità di beni familiari, e di molti altri effetti benefici che erano presenti in una comunità familiare riconosciuta dalla legge e dal consenso della comunità sociale.

Non è chiaro quali siano le finalità di tale tipo di aggregazione, se non quelle egoistiche dei componenti la coppia:se ne potrebbe dedurre, che, non essendo tale unione finalizzata alla creazione di una famiglia e all’educazione della prole, essa,tutta chiusa in se stessa e almeno nelle apparenze votata all’isolamento è una realtà asociale.

Tuttavia la società , mentre nel passato dava l’ostracismo alle coppie irregolari,oggi ostenta indifferenza per lo status dei conviventi, anzi,anche in assenza del matrimonio, chiama con disinvolta improprietà “marito” l’uomo, ”moglie” la donna che compongono la coppia, e così l’uno chiama l’altro compagno, quasi a voler rendere normale ciò che non è affatto tale né per la società civile né per la legge.
E’ dunque questo lo stadio attuale della destrutturazione ricostruttiva della famiglia: pare che, a meno che non ci siano altri futuri mutamenti, quello attuale sia il momento finale del processo che abbiamo analizzato.

 Umberto Boccioni
Crepuscolo – 1909 – Coll. privata

 

 

Fermo restando che si spera che ci saranno pur sempre coppie le quali sceglieranno di convolare a giuste nozze alla loro prima esperienza e con l’augurio che chi intende sposarsi rifletta di più prima per non essere costretto a divorziare poco dopo e scegliere di convivere a vita, fedele ad un compagno più di quanto non lo sia stato al coniuge.

Kate Catà.

(
continua)

 

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