una rosa d'oro
Commenti e critiche
CONVIVENDO

Mark Kostabi
Bridging the gap
Coll.privata
La convivenza è l’argomento di cui vogliamo occuparci in questa breve ricerca.
Ne avevamo già parlato in un altro articolo di questo stesso sito(cfr.”La Famiglia cambia”),ma l’evoluzione del fenomeno esige un aggiornamento che ,a nostro parere, vale la pena di analizzare.
La convivenza qui non è da intendere,ovviamente,in senso lato,ma come rapporto tra due individui che per motivi strettamente personali,vedremo poi di quale
specie,stabiliscono di vivere insieme senza alcun vincolo di tipo giuridico o religioso.
Il che produce diverse conseguenze di carattere legale,economico,sociale ed anche affettivo,e determina una visione della realtà familiare differente da quella del passato.
Proveremo ad esaminare i vari aspetti di questo comportamento non nuovo ma certamente affrontato e praticato nel momento storico attuale con nuovo interesse e con una frequenza che ha prodotto delle situazioni divenute oggetto di attenzione da parte delle istituzioni e dei legislatori e pertanto non più ignorabili dalla società.
Caratteristiche storiche della convivenza
Convivere, secondo il significato tradizionale del termine, vuol dire vivere insieme ad altri,e per lo più il termine era usato prima anche in riferimento a comunità familiari in cui, deceduti i genitori, i figli rimanessero a vivere insieme sino all’età adulta ,magari con qualche parente prossimo di età più avanzata che conferisse l’illusione dell’esistenza di una famiglia vera e propria.
Ma il termine col passar del tempo si è legato sempre più ad uno specifico fenomeno sociale: quello della convivenza “di fatto” tra due individui che abbiano scelto di vivere insieme “more uxorio”.
Tale rapporto è caratterizzato da legami di carattere affettivo tra i componenti della coppia,e da un’organizzazione della vita in comune che si configura come simile a quella familiare.
Tra i conviventi si stabiliscono dei rapporti interpersonali,come la coabitazione,la condivisione delle responsabilità inerenti al rapporto tra i due partners e col mondo esterno ,la tenuta della casa e le spese inerenti ad essa.
Tuttavia,i legami che si creano all’interno della coppia,sia personali che patrimoniali,non sono oggetto di materia giuridica,come nel matrimonio,ma sono liberamente tenuti nel debito conto dai due conviventi.
Ne consegue che, qualora si verificasse da parte di uno di essi o di ambedue un caso di inadempienza nei confronti del partner (come,ad esempio,l’allontanamento dalla casa comune o il rifiuto di contribuire alle spese per il ménage,) il comportamento errato non sarebbe punibile a norma di legge.
Nei secoli scorsi ovunque nel mondo civile occidentale, tanto nei paesi cattolici quanto in quelli protestanti,la convivenza tra un uomo e una donna, non sancita dal matrimonio, non solo non era ammessa ma era pubblicamente condannata e oggetto di scandalo,configurandosi come pubblico concubinato.
Solitamente, poi, il fatto si realizzava per lo più quando un uomo o una donna ,già sposati, abbandonavano il legittimo coniuge per andare a convivere con un altro partner,ponendosi così fuori dall’ordine costituito e ai margini della società, la quale rifiutava ai concubini lavoro e assistenza anche in presenza di nuova prole,che non veniva riconosciuta come legittima ed era bollata col marchio di “figli di nessuno”.
Tra il XIX e il XX secolo,tuttavia, molti stati d’Europa e d’America cominciarono a riconoscere il diritto dei figli nati da relazioni adulterine ad essere riconosciuti come figli legittimi dai genitori,senza tuttavia affrontare il problema della convivenza di questi ultimi.
Un solo stato in Europa aveva legalizzato nel 1580 la convivenza di fatto: i Paesi Bassi, che hanno continuato nel tempo a comportarsi come pionieri nel codificare comportamenti sociali di nuovo genere.
La condizione della famiglia è oggi profondamente mutata: nel passato essa era considerata la prima e indispensabile cellula della società,il nido sicuro dove i figli vedevano la luce,in cui essi apprendevano il vivere civile, erano accuditi e amati, ricevevano i primi rudimenti del sapere,e, per poveri ed ignoranti che fossero i genitori,essi non avrebbero rifiutato di fare ogni sforzo per consentire ai figli di progredire e di andare incontro ad un futuro migliore del loro presente.
Questo era, per lo meno, quello che i cittadini onesti e timorati di Dio pensavano, qualunque fosse il loro credo religioso,secondo le cui regole ,per altro, essi si sforzavano di allevare i propri figli,convinti come erano che un uomo non può considerarsi tale senza l’osservanza del volere di Dio e delle leggi.
Che la società dovesse proteggere la Famiglia fondata sul matrimonio era un dato indiscutibile.
Nella famiglia costituita secondo i crismi della legalità e della religione erano le premesse della solidità non solo della specie ma anche del patrimonio familiare che non doveva disperdersi attraverso mille rivoli ma doveva restare compatto per proteggere le generazioni future e garantire loro la certezza della qualità della vita che le collocava,oltretutto,in una precisa fascia sociale.
Ciò era soprattutto vero per le classi più abbienti, mentre le classi più povere avvertivano meno la solidità e l’infrangibilità del vincolo matrimoniale che consideravano intangibile solo per cause legate a motivi di carattere religioso e non economico.
Era tuttavia quello l’anello più debole della catena e, col passar del tempo, anche nei secoli precedenti il Novecento, fu il proletariato ad offrire più frequenti esempi di convivenza, specialmente nei paesi dove l’industrializzazione, dividendo gli uomini, che si recavano nei grandi centri urbani per lavorare,dalle famiglie d’origine, li induceva a creare nuovi focolari domestici illegali per desiderio di ricostituire la famiglia abbandonata con una nuova, che offriva la parvenza e l’illusione di apparire come una sorgente di assistenza e di affettività.
All’inizio del secolo scorso,però,sull’esempio dei paesi protestanti che per primi avevano accettato e messo in pratica l’istituto del divorzio rivedendo contemporaneamente il diritto di famiglia, la convivenza di fatto tra due individui di sesso diverso divenne non solo tollerata, ma in molti paesi dell’America e dell’Europa occidentale equiparata al matrimonio vero e proprio, con le conseguenze legali ed economiche che ne derivavano.
Vennero infatti accettati in molti stati la registrazione delle unioni di fatto,la possibilità di ereditare dal convivente deceduto,la patria potestà sui figli nati dall’unione,i diritti derivanti sul piano fiscale dalla convivenza equiparata al matrimonio.
Gli ultimi decenni del Novecento,però,hanno visto sorgere e configurarsi un altro problema: a chiedere il riconoscimento di un’unione di fatto tra due individui non erano solo le coppie eterosessuali, ma anche quelle omosessuali.
Le coppie omosessuali

Gustav Klimt
Idillio- 1884
Kunsthistorische Museum-Vienna
La coppia omosessuale è costituita, come lo stesso termine indica,non già da due individui di sesso diverso, ma da due persone dello stesso sesso.
Da più di 50 anni,ormai,la tendenza omosessuale,prima messa al bando dalla società come esempio di disordine e di scandalo, è andata venendo allo scoperto.
La scelta di vivere una sessualità diversa è stata rivendicata sempre più spesso coinvolgendo le istituzioni di molti paesi del mondo che hanno riconosciuto come legittime le richieste delle coppie gay di vedere reso esplicito il loro rapporto e, in alcuni stati,di poter celebrare un regolare matrimonio come per le coppie eterosessuali,nonché di poter adottare dei figli per costituire una famiglia simile a quella tradizionale.
In Italia le coppie omosessuali non sono ufficialmente riconosciute, così come non sono ritenute legittime le convivenze eterosessuali.
Molti ritengono che ciò sia determinato dall’influenza della religione cattolica che considera la convivenza eterosessuale “una caricatura del matrimonio” e quella omosessuale “un comportamento (...) obiettivamente disordinato”.
Un provvedimento di carattere pubblico favorevole alle coppie omosessuali è stato quello di consentire loro la partecipazione ai bandi per l’assegnazione di alloggi popolari,decisione che è stata presa per la prima volta a Bologna nel 1992.
Il riconoscimento delle coppie di fatto all’estero
Come si è già detto,il primo paese a riconoscere la legittimità delle coppie di fatto etero e omosessuali fu quello dei Paesi Bassi,seguito poi,più recentemente,dai paesi scandinavi,dal Benelux,dalla Francia,dalla Germania e dalla Spagna.
Alcuni di questi paesi hanno dato il consenso anche per il matrimonio gay e il Parlamento Europeo ha chiesto nel 2000 ai 15 paesi membri di consentire a creare il matrimonio o un istituto equivalente per le coppie gay.
In Italia il Partito Radicale ha proposto di creare dei registri per le unioni civili gay e l’introduzione del matrimonio civile per i medesimi.
Recentemente,però,gli Stati Uniti d’America, che fra i primi hanno visto il sorgere di movimenti per il riconoscimento della condizione civile e sociale dei gay,hanno votato contro l’istituzione del matrimonio gay,a salvaguardia della famiglia tradizionale.
La coppia di fatto eterosessuale e le sue odierne motivazioni
Come si era detto all’inizio ,le motivazioni che oggi spingono due individui di sesso diverso a scegliere la convivenza invece del matrimonio sono mutate.
Attualmente, secondo l’Istituto di Statistica Italiano,le coppie di fatto eterosessuali sono 680.000 e il loro numero risulta triplicato in meno di 10 anni, ma si ritiene che tale stima sia inferiore al reale,perché,dal momento del rilevamento (anno 2000) ad oggi, il numero delle persone che hanno scelto di convivere è aumentato di giorno in giorno in modo esponenziale.
In Inghilterra su 100 coppie dai 16 ai 30 anni le coppie di fatto sono il 43%,in Germania il 45%,in Francia il 46%,contro il 6% dell’Italia.
In molti casi le coppie di persone, libere da precedenti vincoli matrimoniali, che scelgono di convivere, dopo alcuni anni per libera scelta o in prossimità della nascita di un figlio si sposano,con una prevalenza di matrimoni civili.
E’ interessante considerare,per altro,quali siano le cause che spingono le persone a convivere oggi anziché a sposarsi.
Alcune cause,per la verità,hanno più o meno il medesimo peso sulla decisione di andare a convivere.
Esse sono:
-il desiderio di superare l’ormai farraginosa fase preparatoria delle nozze, con le relative spese, divenute spesso insopportabili da parte delle famiglie di origine dei componenti la coppia;
-la soluzione immediata del problema della ricerca dell’alloggio: spesso si sceglie di andare a vivere in casa di uno dei due componenti la coppia,senza cercare a lungo un alloggio ideale, cosa che si potrà fare in seguito, se la convivenza funziona;
-la possibilità di conoscere l’altro e di imparare a convivere con esso senza vincoli da cui non ci si possa liberare qualora si comprenda che la scelta si è rivelata sbagliata;
-la condivisione delle spese necessarie per la casa,per il vitto,per i servizi,che viene attuata di norma al 50%,diversamente dal matrimonio, in cui la maggior parte delle spese gravano per lo più sul capofamiglia;
-la posizione paritetica dei due conviventi,cosa che, nel caso della donna, è spesso un fatto nuovo e positivo.
Nella convivenza sono mutati altresì i parametri tradizionali del rapporto di coppia.
Non essendo la procreazione uno dei fini fondamentali dell’unione di fatto tra due persone, come nel matrimonio, e non essendo quindi importante il rapporto temporale dell’età dei due coniugi ai fini di un’età fertile per la donna,l’attenzione della coppia è mirata solo ai due partners, che,dovendo compiacere solo se stessi, sono liberi di scegliere l’altro in base a criteri basati sull’attrazione reciproca, prescindendo dall’età,dalla condizione sociale ed economica, più che non si sia fatto nel passato.
Sono perciò frequenti le coppie in cui il partner di sesso maschile è molto più giovane della compagna,in cui spesso trova anche appoggio economico ed assistenza domestica.
Il rapporto di coppia poi non comporta per la donna uno stretto obbligo di assistenza del compagno: esso provvederà da sé alla parte di incombenze stabilite inizialmente ,come la tenuta del suo guardaroba,il lavaggio e la stiratura della biancheria personale, che potrà affidare ad una ditta specializzata senza aspettarsi che a provvedere sia la sua compagna.
Si alternerà con lei nella preparazione del cibo, anche quando ambedue vorranno invitare gli amici a pranzare o a cenare con loro, cosa che avviene molto spesso, poiché i momenti liberi dal lavoro non sono occupati dalla cura della prole.
La quale arriva solo se si matura la convinzione che ambedue i compagni sentono di essere pronti ad affrontare la responsabilità di essere padri e madri.
In questo caso si può passare anche alla decisione di trasformare in una vera famiglia l’unione di fatto, ma è anche possibile il contrario, che cioè si scelga di avere un figlio ma non si pensi, per questo, di sposarsi, considerato il fatto che la legge italiana consente ormai di riconoscere come legittimo il figlio nato al di fuori del matrimonio.
Conseguenze della convivenza
Non c’è dubbio che, alla luce di quanto sopra detto, appaia evidente che la struttura e la tenuta della famiglia sia già cambiata e continui ulteriormente a mutare.
Troppi elementi nuovi hanno alterato i connotati di quella che era prima considerata la “cellula fondamentale della società”.
Ma perché una funzione così importante come quella che sino ad ieri veniva svolta dalla comunità familiare possa continuare ad essere esplicata senza nuocere gravemente a quelli che sono i primi destinatari delle cure familiari, cioè ai minori,bisognerà pure che si trovi un sostitutivo che al momento appare inesistente.
Sorge spontaneo il dubbio che non esista,almeno sino ad oggi, un’istituzione che possa occuparsi di allevare i figli di genitori che troppo spesso si dividono per seguire ciascuno una propria strada andando a convivere con dei partners ai quali non importa nulla dei figli della precedente unione propria o del compagno.
Sempre più di frequente bambini abbandonati a se stessi o a mani mercenarie crescono privi di sollecitazioni intellettive, svogliati e demotivati,con evidenti carenze affettive,o addirittura con una propensione a delinquere che è una provocazione nei confronti dei genitori che non se ne curano.
La via della convivenza è un passo oltre il divorzio sulla via della disgregazione dell’istituzione familiare, anche se ne è in parte una conseguenza.
In parte: infatti era tale quando veniva scelta da individui che provenivano dal crollo di un precedente matrimonio e desideravano “rifarsi una vita”.
Ma ora che è la prima e preferenziale scelta,operata da persone che rifiutano a priori qualsiasi legame istituzionale e definitivo, ora che quasi nessuno vuole crearsi una famiglia perché ne rifiuta gli oneri e le responsabilità, ora è il caso di ritenere che siamo andati oltre
ogni possibilità di ricostruire la famiglia, a meno che non si torni indietro invece di andare avanti nell’approvazione di leggi che ,per seguire l’andazzo europeo, stanno finendo di distruggere a colpi di piccone quel che resta di una istituzione spontaneamente nata per ragioni naturali in tutti i paesi del mondo, al di fuori delle leggi e delle religioni, a tutela della stessa sopravvivenza dell’uomo.
Kate Catà
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