una rosa d'oro

La storia e... le
piccole storie
La Rivoluzione dei consumi
alimentari
A cura di Miss
Aribari

Général Atthalin
Banchetto per le nozze di Leopoldo I con Luisa
d'Orléans figlia di Luigi Filippo(1832)
Parigi,Museo Carnavalet.
ZOOM
Mutamenti
nell'alimentazione
Rispetto
ai mutamenti evolutivi del costume,della
politica,dell’economia,l’alimentazione
è cambiata nel tempo molto lentamente:non si intende qui affrontarne l’intera
storia,ma prendere in considerazione un periodo di tempo ben definito,quello che
va dall’inizio del XVI alla fine del XVIII secolo e in particolar modo i
decenni centrali di quest’ultimo,in cui si nota una fase di notevole
accelerazione nel processo di cambiamento dei prodotti alimentari e specialmente
delle bevande con l’introduzione del caffè e del tè .
Ciò
ha fatto parlare di “rivoluzione dei consumi alimentari”, anche se non si
trattò né di un fatto politico né dell’adozione di nuove ideologie. Qui per
‘rivoluzione’ si intende un ‘cambiamento piuttosto rapido
nei consumi e negli usi ’ che diffonde nuove abitudini e muta per
conseguenza i costumi.
Nella
vecchia Europa per secoli gli alimenti erano rimasti qualitativamente uguali. La
scoperta dell’America introdusse
elementi nuovi che però non furono tutti
accettati subito contemporaneamente né dovunque.
E’
il caso del mais,che, portato in Spagna da Cristoforo Colombo, vi restò quasi
ignorato,ospitato come curiosità negli orti dei botanici e solo alla fine del
Cinquecento fu seminato in alcuni luoghi dell’Europa - nel Veneto per
l’Italia - dove si voleva fare esperimento per un nuovo foraggio.
Le
patate, portate nel loro continente dagli Spagnoli che avevano conquistato il
Perù, arrivarono ancora dopo.
Per
alcuni prodotti l’America dunque fu il luogo d’origine, per altri il terreno
fertile per inserirvi piante provenienti dai vecchi continenti che però là
trovarono il clima d’elezione per riprodursi in abbondanza .
Così
accadde per lo zucchero,che, derivando dalla canna nativa dell’Asia e
dell’Africa, si era diffuso prima a Madera e nelle altre isole
atlantiche,quindi passò nelle Antille e nel Brasile: però restò ancora per
molto un prodotto di lusso e non aveva ancora il primo posto come
dolcificante,detenuto sempre dal miele.
Dal
1740 al 1780 si verificarono quei rapidissimi mutamenti cui prima si è
accennato:il mais,nel 1780 , rappresenta già il 40% dei cereali prodotti.
La
patata,che nei primi del ‘700 era vista con
sospetto,come “cibo malsano e poco nutriente” , ottanta anni dopo ha
un posto di primo piano nell’alimentazione soprattutto in territorio tedesco e
irlandese.
Lo
zucchero raddoppia i consumi, il mais viene
portato dai Portoghesi in Africa e in Asia.
Ma
la conquista più importante fu quella realizzata dai piantatori europei che
immisero nelle terre tropicali di tutto il mondo le coltivazioni delle piante
che avrebbero fatto poi la fortuna del capitalismo :cacao,tabacco,
zucchero e caffè,cui si aggiungeva anche il tè, che però veniva
dall’Asia e
difficilmente poteva essere coltivato altrove.
La
possibilità di effettuare l’inserimento di coltivazioni provenienti da altre
terre fu facilitata dall’estendersi del colonialismo,che consentì alle
potenze mercantili europee una straordinaria disponibilità di territori da
sfruttare e nel contempo vasti
mercati su cui riversare il
surplus della produzione che non veniva venduta in Europa.
Il
caffè :una bevanda “politicamente
pericolosa “

Il caffè "Procope"nel
XVIII secolo.
Disegno di M.Kretz con immagini di famosi Illuministi
ZOOM
Negli
ultimi decenni del ‘700 fu stampata e venduta con successo a Parigi
un’opera,di autore anonimo,(il cui luogo di pubblicazione,falso, risultava
essere Amsterdam),che trattava della diffusione del commercio coloniale e
dell’ideologia che lo ispirava.
Il
testo in realtà era stato scritto dall’abate Guillaume Raynal , molto vicino
all’ambiente illuministico,tanto da poter ottenere,per la successiva edizione
del libro,la collaborazione ,segreta, di Diderot.
Lo
scritto era e rimane una rara testimonianza della mentalità del tempo e di
notizie quali circolavano allora nella realtà europea relativamente ai prodotti
provenienti da luoghi prima sconosciuti e
poi rivelatisi fonti di approvigionamento e
di grande guadagno per il Vecchio Continente.
Nell’opera
si parla ,fra l’altro, diffusamente del caffè,del quale si dice che è
originario dell’Alta Etiopia,dove lo si coltiva sempre con successo.
Secondo
lo scrittore, si ritiene che un Mullah,di nome Chadely,sia stato il primo Arabo
ad apprezzare il caffè,di cui per caso aveva scoperto la virtù di allontanare
il sonno che gli impediva di dedicarsi alle sue preghiere notturne. In più,il
caffè purificava il sangue,rallegrava lo spirito,manteneva vigili e attenti.
Dal
momento che i maomettani non potevano bere vino né altre bevande alcoliche,
adottarono subito con grande entusiasmo il caffè,e, poiché esso si beveva a
Medina, alla Mecca, i pellegrini che vi si recavano,dopo averlo trovato di loro
gusto,ne recavano notizia in tutti i paesi musulmani.
Si
racconta che a Costantinopoli un giorno il Gran Visir Kuprulu ,travestitosi,in
incognito si recò nei principali locali dove si vendeva e si serviva la nuova
bevanda,il caffè appunto,che aveva un successo straordinario.
Vi
trovò una folla di gente esagitata, scontenta e incline alla protesta, che
parlava male del governo e criticava con molta arditezza e libertà l’operato
dei ministri e dei capi dell’esercito.
Il
Gran Visir volle però fare un giro anche delle taverne dove si vendeva vino.
Erano piene di gente semplice e alla buona, soprattutto di soldati,che, abituati
a guardare agli interessi dello Stato come ad affari del Principe da loro
servito con abnegazione,non se ne lamentavano,ma si occupavano di
tutt’altro,cantavano allegramente,
parlavano dei loro amori, delle loro imprese
di guerra.
Ciò
gli sembrò che si potesse tollerare,nonostante la proibizione del Corano di non
bere vino, ma giudicò del tutto inaccettabile il caffè,che eccitava gli animi
e si rivelava “politicamente pericoloso” .
Perciò
fece chiudere tutte le caffetterie di Costantinopoli.Ma questo, lungi dal
diminuire l’uso del caffè, ne estese il consumo,nonostante il suo prezzo
fosse piuttosto alto. Infatti lo si cominciò a vendere già preparato in tutte
le strade,nelle case si prendeva almeno due volte al giorno
e lo si faceva ogni ora per poterlo offrire a chiunque arrivasse: era
considerato ineducato non offrirlo o rifiutarlo.
Quando
si chiusero i caffè a Costantinopoli si aprirono a Londra.
Pare
che nel 1652 un mercante chiamato Edward tornando dai paesi del Levante
ne portasse in Inghilterra.
Gli
Inglesi lo trovarono di loro gusto.Dal loro paese si diffuse in tutta l’Europa
così che nel Settecento si conosceva ovunque.
Tuttavia
veniva consumato con più moderazione che nei paesi arabi,dove l’alcool era
proibito.
Il
caffè arabo ed etiopico diminuì di prezzo quando cominciò a diffondersi
quello ottenuto nelle coltivazioni coloniali dalle nazioni europee.
Il
tè,bevanda nazionale degli Inglesi
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Illustrazione dal
GrovenbroK "Nobili al caffè"-Costumi del
''700-
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Illustrazione da
Growenbrok "I compari della Malvasia"- Costumi del ''700
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Illustrazione dal
Growenbrok Alla "Giusta",una taverna del ' 700.
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Dalla
stessa fonte, cioè dalla “Histoire
du commerce” dell’Abate Raynal, si possono ricavare notizie sulla
diffusione
del tè in Europa,in Inghilterra e nelle sue colonie d’America.
Originario
della Cina, dove viene chiamato “tcha” ,il tè
è
un arboscello che cresce raramente oltre i 5-6 piedi.
A
seconda dei luoghi e della qualità del terreno
in cui cresce e dell’acqua che lo irriga,il tè prodotto si divide in
una grandissima varietà di coltivazioni.Ce n’era uno, sostiene Raynal, che in
Cina si adoperava solo per i malati,ed uno che era adatto solo
per i Tartari,ai quali serviva un fortissimo dissolvente a causa della
carne cruda che consumavano.
Tre
sono i tipi comunemente usati in Cina,uno per la mattina, uno per il mezzogiorno
e uno per le ore successive al tramonto . I vantaggi che ne derivano dipendono
dalla stagione di raccolta delle foglie e dal modo in cui si fanno seccare.
Il
primo e migliore raccolto si fa al principio di marzo: le foglie sono piccole e
tenere, e da esse, disseccate all’ombra, si fa il tè migliore,quello detto
“imperiale” perché era appunto destinato all’Imperatore.
I
Cinesi fanno un grande uso di tè anche durante i pasti
e
pensano che, se non conservassero le foglie un anno prima di impiegarle,il loro
infuso danneggerebbe il cervello e i nervi.
Bisogna
sottolineare il fatto che l’infuso di foglie di tè non si diffuse per una
moda o per un capriccio:il tè in realtà servì a correggere le acque
sgradevoli e malsane.
Poiché
le frequenti inondazioni e gli inquinamenti delle
falde acquifere rendevano in Cina l’acqua scarsamente potabile, gli
abitanti avevano finito col cercare –e trovare- una
sostanza
che con il suo
intervento migliorasse la bevibilità del liquido essenziale per la vita.
Senza
volerlo poi il fatto di dover portare l’acqua ad una temperatura elevata se
non all’ebollizione per fare il tè aveva contribuito ad eliminare gran
parte dei batteri contenuti nelle acque non perfettamente potabili, conferendo
al tè anche una funzione igienica di prevenzione delle infezioni intestinali.
Poiché
i primi Europei che conobbero la Cina la apprezzarono moltissimo,considerarono
positivo tutto ciò che da essa proveniva ed accettarono così anche l’idea
entusiastica che i Cinesi hanno del tè.
Tuttavia
il tè che si beve fuori dalla Cina non è come quello cinese.
Noi
lo beviamo troppo caldo e troppo forte,ci mettiamo
lo zucchero,aggiungiamo aromi(limone,menta,latte) e liquidi
nocivi(cognac,rhum).Ma, comunque, basterebbe il trasporto dal luogo di origine
alle nostre terre a fargli perdere il sapore originario.
Tuttavia
la nazione che ha adottato in massa l’uso del tè a tutte le ore del giorno (e
non, come solitamente si pensa, solo alle 5 del pomeriggio ),è
l’Inghilterra,che ne ha diffuso l’uso anche nelle sue colonie, specie quelle
americane.
Nell’elenco
delle merci importate in Gran Bretagna durante il 1766 il tè occupava il primo
posto con 6 milioni di libbre di prodotto l’anno,contro i 4 milioni e mezzo
degli Olandesi,i 2 milioni e 400mila degli Svedesi e pari quantità per i
Danesi,seguiti dai Francesi con 2 milioni e 100mila libbre.Si faceva il conto
che ,compresi i diritti doganali, la “mania della foglia asiatica” costasse
all’Inghilterra 3 milioni e 200mila sterline di quel tempo.
B.Olivier-"Tè
all'inglese presso il Principe di Conti"
-Particolare-XVIIIsec.-Museo di
Versailles-
Caffè
e tè:il parere di un medico alla metà del Seicento
Sul
caffè e sul tè nel XVII secolo i pareri erano discordi.
Gli
Olandesi che, come gli Inglesi avevano per tempo conosciuto il tè,ne avevano
apprezzato i lati positivi scoprendone anche qualcuno negativo,come per esempio
il fatto che anche il tè, come il caffè,preso in grande quantità o se è
troppo forte, eccita al pari di quello (oggi si sa che,se il caffè contiene
caffeina, nel tè c’è la teina che ha effetti simili).
Ma
in Italia,dove pure il caffè era conosciuto dalla prima metà del
‘600,v’erano anche medici e scienziati contrari al suo uso.
Una
testimonianza a tal proposito viene dai “Consulti medici” di Francesco
Redi,nella seconda metà del ‘600.
Il
Redi, ad un personaggio che gli chiede se possa bere un caffè dopo
cena,risponde che questa bevanda “..gli imbratterà di nero la bocca e i
denti,il che sarà una bella vergogna…”.Egli poi considera il caffè
“…carbone polverizzato e stemperato nell’acqua..” ed è “..degno
ristoro di quei Turchi incatenati nelle galere di Civitavecchia e di Livorno…”.
Il
medico consiglia invece al suo paziente l’assunzione del tè, di cui nega quel
che dicono gli Olandesi, cioè che impedisca
il sonno sostenendo che egli stesso ne ha fatto esperimento e non ne ha avuto
danno alcuno,specialmente se la bevanda viene fatta con il tipo di foglie che si
chiama “tè nero”.
Tuttavia
tè e caffè non furono abbastanza diffusi e graditi sin quando non si unì
ad essi lo zucchero,che dall’Asia e dall’Africa,nella forma originaria della
canna da cui deriva,fu poi prodotto nelle Canarie e in America e servì per
apprezzare meglio anche il cacao.
Tornando
dunque là da dove avevamo iniziato il nostro discorso,si può affermare che
dalla fine del XVIII secolo ai nostri giorni non si sono fatte scoperte di
bevande così nuove e rivoluzionarie come quelle di cui si è parlato: solo la
coca-cola ha riscosso tanto successo e destato tanta curiosità.Ma se si guarda
bene tra i suoi ingredienti, si scopre che in essa c’è del caffè…-
(Miss
Aribari)

M.B.Olivier-"Tè
all'inglese presso il Principe di Conti"Particolare II-XVIII sec.
Museo di
Versailles.
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