una rosa d'oro

 

La storia e... le piccole storie

 

 


CATERINA II LA GRANDE

ZARINA DI TUTTE LE RUSSIE




Vergilius Eriksson –Portrait of Catherine the Great –after 1762
State Hermitage –Saint Petersbourg

 

 

UN  SOLO  SCOPO:  IL  POTERE

 

Non è raro nella Storia che un nobile, nato in una nazione e là cresciuto, apparentemente destinato  a ruoli secondari per nascita e posizione economica, assurga all’improvviso a più alti destini e finisca, per capriccio della sorte, col governare uno Stato fra i più importanti del mondo.

 

Fra coloro che furono destinati a tale ventura non di rado troviamo una donna, come colei di cui  qui si parla: Caterina II di Russia.

Di lei non c’è storico che non abbia scritto, formulando in ogni caso giudizi contrastanti,come spesso avviene per i personaggi storici molto famosi.

 

Ciò non toglie che non si sia detta ancora l’ultima parola su un personaggio così controverso, di cui, accanto alle lodi per le capacità intellettuali e di governo, per l’apertura nei confronti della cultura e delle riforme, si trovano  notizie disdicevoli sui  comportamenti nell’ambito della famiglia.

Tra esse si annoverano la probabile congiura per l’uccisione del marito, lo Zar Pietro III, di cui prese il posto per governare lunghi anni, e l’estrema libertà delle relazioni amorose che destarono scalpore in tutte le Corti d’Europa.

 

Qualunque sia il giudizio critico che si possa dare su Caterina II di  Russia, l’unico dato obiettivo che si riscontra nel suo operato è quello che, qualunque fosse la ragione di una sua decisione e per qualsiasi motivo essa agisse, l’unico scopo che perseguiva era l’acquisizione e il mantenimento del potere.

 

Questo imperativo categorico fu sempre presente  in lei e dominò le sue azioni obbligandola a tralasciare la sacralità dei vincoli  matrimoniali e del sangue, dell’amicizia e del ruolo che rivestiva  nello Stato, che fu l’unico a trarre benefici dalla sua visione dell’esercizio di un potere che passò alla storia come “Assolutismo Illuminato”, insieme  a quello dell’Austria e del Granducato di Toscana, dove le idee  del Settecento lasciarono qualche traccia concreta della Filosofia dei Lumi.



Benjamin Paterssen –Palazzo d’inverno, dalla Prospettiva Nevsky -1801-
State Hermitage-S. Petersbourg


 

DALLA  NATIA  STETTINO...

 

Quando nacque, il 2 maggio del 1729, a Stettino in Pomerania, estrema zona del Nord prussiano, le fu imposto il nome di Sofia Augusta Federica.

La madre era la Principessa Joanna Elisabeth Holstein-Gottorp, il padre, Christian August di Anhalt-Zerbst, che, pur essendo Principe anch’egli, era di modeste capacità economiche e  viveva  facendo l’ufficiale nell’esercito prussiano.

 

Il fratello della madre, Principe Karl August  Holstein-Gottorp, era stato promesso sposo della Principessa Elisabetta, che sarebbe poi divenuta Zarina di Russia.

Egli però morì all’improvviso, ed Elisabetta, per altro già imparentata con la famiglia degli Holstein, mantenne un legame affettuoso con tutti i suoi membri, tanto che,molti anni dopo, quando fu il momento di cercare una sposa per il  nipote ed erede,il Granduca Carlo Pietro Ulrico, scelse la giovane Sofia Augusta, allora quattordicenne, e la volle con sé prima delle nozze perché imparasse il duro mestiere di imperatrice.

 

La giovane Principessa tedesca aveva avuto nell’infanzia istitutrici francesi, che, oltre a farle studiare le lingue e le letterature classiche e contemporanee, l’avevano anche introdotta allo studio della filosofia e alla lettura  degli autori  del pensiero illuministico allora in auge, come Voltaire, Montesquieu, Diderot, che poi l’avrebbero incontrato e conosciuto personalmente una volta divenuta Zarina.

 

Sebbene fosse giovane, Sofia Augusta  aveva provato subito interesse per la cultura, e quando si recò in Russia, quantunque soffrisse la solitudine e ancor più la mutevolezza degli atteggiamenti della Zarina che pareva cordiale e gentile a momenti, per poi rivelarsi distante e scortese subito dopo, si chiuse negli studi e si diede alla lettura dei classici, tra cui gli Annali  di Tacito che, a suo stesso dire, le insegnarono come in tutte le Corti imperiali albergassero, anche nell’antichità, l’invidia, la doppiezza, l’inganno e una ricerca smodata del potere a tutti i livelli.

 

Comprese dunque che , se avesse dovuto un giorno governare quel paese, avrebbe dovuto accettarne la mentalità e capirne le esigenze, spirituali e materiali.

Per questo anzitutto lei, che era protestante, si convertì alla religione ortodossa, e, ribattezzandosi, scelse un nome nuovo, molto caro ai russi, il nome di una Santa loro protettrice, Santa Caterina.

Il suo nuovo nome fu perciò Jekaterina Alexejevna, europeizzato poi in Caterina.

 

 

 

 

 

…AL TRONO DEGLI ZAR

 

Nel 1745, a soli 16 anni, Caterina sposava il Granduca Pietro. Andavano ad abitare nel Palazzo d’Inverno, la mitica dimora degli Zar, che la Zarina Elizaveta aveva fatto rimodernare dopo molti anni per destinarla ai giovani sposi.

 

 


Louis Tocque- La Zarina Elisaveta Petrovna
1758-State Hermitage-S.Petersbourg

 

Il Palazzo era stato rinnovato ed ampliato da un architetto italiano, Francesco Bartolomeo Rastrelli, secondo una libera interpretazione dello stile Barocco da cui non sono assenti chiari richiami al Classicismo.

 


 Lucas Conrad Pfanzelt-Bartolomeo Francesco Rastrelli
Architetto-1750/60- State Hermitage-St.Petersbourg


Le nozze però non ebbero un esito felice.
Per molti anni il matrimonio non fu consumato, perché lo sposo non poteva avere figli e non era in condizione di assicurare un erede al regno.
Benché la cosa possa oggi apparire incredibile, la stessa vecchia Zarina Elisaveta esortò la giovane Granduchessa a tradire il marito, che in realtà non lo era, con un cortigiano robusto e di buona salute, tale Sergej Saltykov, che fu il padre incognito del suo primogenito, il Granduca Paolo, destinato alla successione.



Stepan Shchuchin-Ritratto dello Zar Paolo I-1797
State Hermitage-St.Petersbourg


Frattanto la vecchia Zarina moriva, e il marito di Caterina saliva al trono col nome di Pietro III, portando con sé tutti i vizi di cui poteva essere capace la sua natura brutale e rozza.

 

Egli, infatti, era dedito all’alcool, si circondava di donne e individui di dubbia provenienza e di malaffare, era malvisto dalla nobiltà con cui invece Caterina, ormai Zarina, aveva intessuto buoni rapporti.



Vergilius Erikssen- Ritratto di profilo dell’Imperatrice Caterina II
1762-State Hermitage-S. Petersbourg


Quando già egli tramava per ripudiare Caterina, la Zarina fu più decisa di lui e, servendosi dell’appoggio di un nuovo amante, Grigorij Orlov, da cui aveva avuto un altro figlio, Aleksieij, lo fece arrestare e detronizzare.

Durante la sua permanenza in carcere Pietro III fu ucciso, probabilmente con il concorso di Gregorij Orlov e dei suoi, e per conseguenza il trono fu  ereditato dalla consorte, la Zarina Caterina.



Andreij Cherni-Ritratto del Conte Grigorij Orlov,
 nell’uniforme di Cavaliere delle Guardie Imperiali-
1760/70- State Hermitage- St.Petersbourg


Ciò diede adito all’ipotesi di una sorta di congiura ordita dalla stessa Caterina, ma, sebbene non vi fossero prove di ciò, la Storia non ha neanche cercato mai di scagionarla.

Caterina fu incoronata Zarina nel 1762, col nome di Caterina II.



Spilla con le iniziali di Caterina II
State Hermitage-S.Petersbourg


 

MOLTI  AMORI, MOLTI  INTERESSI

 

Tra il padre del suo primogenito ed erede al trono e quello del secondo figlio maschio Caterina aveva avuto un’altra relazione amorosa con Stanislao Poniatovski, nipote del Re di Polonia, da cui era nata una figlia,Anna, vissuta solo qualche anno.

 

Da questo giovane cortigiano, a lei legato da vero amore e perciò pericolosamente scomodo, la Zarina si disimpegnò presto, sostituendolo con  quel Grigorij Orlov che in seguito le diede manforte nel liberarsi del marito, lo Zar Pietro III.

 

Della devozione e dell’affetto sincero di Poniatovski però Caterina tenne conto e volle premiarlo aiutandolo a salire sul trono della Polonia, sventurata nazione che già prima dell’avvento al trono di Caterina viveva una lacerazione che aveva origine in cause diverse, politiche e religiose all’interno, mentre dall’estero l’Austria e la Prussia- poi anche la Russia- ne pretendevano lo smembramento per impadronirsi ognuna di una parte del territorio polacco.

 


Johann Baptist Lampi-Stanislav August Poniatovski
1770(?)-State Hermitage-S.Petersbourg


Caterina II , secondo lo storico Bruckner, non ebbe da sola la responsabilità della fine del Regno di Polonia.
Anzi,”essa si era fatta un dovere di trasformare la Polonia in vassalla della Russia” anche al fine di mantenerne l’integrità territoriale, ma “era impossibile raggiungere questo scopo perché l’Austria e la Prussia reclamavano la loro parte di bottino”.

Di fatto, la questione polacca innescò altri gravi problemi, che determinarono le guerre tra la Turchia e la Russia, cui parteciparono l’Austria e la Prussia, mentre la Russia allargava i suoi confini annettendo la Crimea e alcuni territori appartenenti alla Turchia,tra cui l’Ucraina.

L’alleanza con la Prussia si allentò in favore di quella con l’Austria, mentre la Svezia voleva approfittare del continuo stato di belligeranza della Russia per riprendersi la Finlandia strappatale dalla defunta Zarina Elizaveta.


 


“Caterina riceve la delegazione turca”-Camera delle Udienze-Nevskaia suite-
Winter Palace- Stampa di A.J. Kazakinsky-Museo di Stato dell’Hermitage.

 

 

Con la Svezia si concluse una pace che non mutava lo stato delle cose; per quanto riguardava la Turchia, la vittoria della Russia ottenne un ampliamento dei suoi confini a danno dei Turchi, mentre la Polonia si trovava in condizioni di sottomissione tale nei confronti della Russia che “il vero sovrano del Paese….si poteva dire essere l’ambasciatore russo” e non Stanislao Poniatovski le cui proteste non toccavano più il cuore e la mente di Caterina II, che continuava a mutare gli oggetti della sua attenzione, se, come recitano le cronache mondane, ebbe ben 21 relazioni amorose nel corso della sua vita da Zarina.

 

 

 

 

LA  POLITICA  INTERNA

 

Salita al trono, Caterina, che aveva prefigurato nella sua mente l’ipotesi di raggiungere il sommo potere per disporre delle prerogative del sovrano che può realizzare riforme e mutamenti, ritenne che finalmente tutte le idee che l’avevano affascinata e le teorie che aveva appreso durante gli studi giovanili e gli incontri personali con i pensatori illuministi ed i filosofi francesi avevano la possibilità di concretizzarsi, se solo lei avesse voluto e se avesse trovato l’appoggio dei potenti dell’Impero.

 

 

 


 Vergilius Erikssen-L’Imperatrice Caterina II a cavallo.After 1762-
State Hermitage-S.Petersbourg


Questi ultimi non erano per la verità molto propensi ai mutamenti, per paura di perdere i loro privilegi.

Ma Caterina fu molto abile: comprese che, addolcendoli con cariche, premi, denaro,titoli nobiliari  avrebbe potuto attirarli a sé, ed ottenere il consenso per le riforme che già altri sovrani avevano fatto nei loro stati.

 

Caterina sapeva che il suo popolo era ancora molto arretrato e non competitivo sul piano del commercio e della produzione,in confronto, particolarmente, con le potenze dell’Europa Occidentale.

Anche dal punto di vista militare, sebbene i risultati delle campagne di conquista e di espansione dell’Imperialismo russo fossero positivi ai fini dell’accrescimento della potenza di Caterina II, ella sapeva bene che la struttura dell’esercito era antiquata, gli strumenti bellici obsoleti,gli ufficiali provenienti per tradizione dalle migliori famiglie della Russia erano spesso  assolutamente all’oscuro della strategia e della tattica militare.

 

Cominciò per questo col riformare le scuole superiori per i Cadetti della Fanteria, creando un Istituto nella capitale, quella Mosca che  dai tempi di Pietro I il Grande era stata abbandonata per la bella e raffinata San Pietroburgo.

Del suo illustre predecessore si propose di seguire l’esempio nell’ammodernare le strutture amministrative delle regioni e delle città, che rese autonome, nel favorire i commerci togliendo dazi all’interno del Paese .

 

Fece bonifiche nei terreni paludosi vicini alle città del Baltico e lungo i grandi fiumi russi, come il Don, il Volga e il Dniepr, ampliò e potenziò molti porti commerciali che a causa del gelo invernale restavano inattivi per buona parte dell’anno.

Per rendersi conto personalmente di quali fossero le reali condizioni di vita  del suo popolo, più volte intraprese viaggi  nelle varie regioni della Russia.

 

Spesso il denaro non era tuttavia sufficiente per attuare i miglioramenti da lei sperati.

Troppi non pagavano le tasse, la classe nobiliare e la Chiesa ortodossa  avevano privilegi che le esentavano dal versare allo Stato i tributi che avrebbero consentito la creazione di strutture indispensabili per il bene del popolo.

 

La Zarina non esitò a confiscare , come già aveva fatto Pietro il Grande, i beni della Chiesa, suscitando malcontento anche nel popolo. Ma era sempre meglio che alienarsi la simpatia dei nobili.

 

Caterina II fece costruire scuole sul modello francese,  orfanotrofi, ospedali: erano tuttavia gocce nell’oceano dei bisogni dell’enorme territorio su cui governava e che col passar del tempo si ampliava sempre più.


 


La Zarina Caterina scrive i “Nakaz” per rinnovare
 le leggi in Russia-Stampa di Anonimo-1760/70

 

 

Il suo desiderio di rinnovare le leggi  rendendole più adatte al tempo in cui viveva fu osteggiato da ogni parte.

Lei stessa aveva scritto un documento (“nakaz”) a cui desiderava che si ispirassero gli estensori di un nuovo codice e quando esso le venne presentato , dopo sette anni di  lavoro, si rese conto che non era cambiato quasi nulla, almeno nella mentalità cui avrebbe dovuto ispirarsi.

                 

 

Nulla era come lei aveva immaginato,traendo ispirazione da Montesquieu e da Cesare Beccaria: non bastava voler cambiare per riuscirvi.

La mentalità russa era molto lontana da quella dell’Europa occidentale.

Lei stessa se ne sarebbe resa conto nel momento della necessità.

 

 

 

 

L’ESPERIENZA DI PUGACEV

 

Nei territori lungo i grandi fiumi  Don e Dniepr si erano da tempo stanziati i Cosacchi, un’etnia costituita da gente fiera e libera, non facilmente domabile e indipendente.

 

Essi, ai tempi di Caterina II, avevano un capo, chiamato Pugacev, il quale sosteneva di essere il defunto Zar Pietro III, consorte di Caterina.

Sobillando i contadini, che vivevano in uno stato di asservimento totale, egli riuscì a costituire un esercito rudimentale di 26.000 uomini, che chiedevano alla Zarina l’abolizione della servitù della gleba.

 

Poiché questi ribelli costituivano un pericoloso esempio per le plebi contadine che cominciavano a sollevarsi per ogni dove nel vasto territorio rurale della Russia, Caterina, che aveva sempre predicato, sul modello illuministico, la tolleranza e il rispetto dell’individuo, si vide costretta a fare marcia indietro e a ritornare ai metodi coercitivi per sedare la rivolta.

 

Dopo una lunga ed estenuante guerriglia durante la quale la stessa Mosca fu minacciata da vicino, la Zarina mise in movimento un grande esercito, ripristinò antichi metodi per catturare Pugacev con l’inganno, e il nemico vinto venne brutalmente giustiziato a Mosca sulla pubblica piazza.

 

Così naufragavano le buone intenzioni di Caterina: e non sarebbe stata l’unica volta.

 

 

 

 

L’AVVENTURA  DI   POTEMKIN

 

Durante la rivolta di Pugacev, accanto a Caterina si distinse un ufficiale,che era uno dei suoi favoriti, poi divenuto Generale e Governatore della Russia meridionale.

Egli condusse in tempi successivi la conquista della Crimea durante la I guerra contro la Turchia (1768/1774).

 

 


Giovan Battista Lampi-Portrait of the Prince  Grigory Potemkin- Tavrichesky-1790
State Hermitage.S.Petersbourg

 

 

Per le sue vittorie Caterina lo nominò Principe della Tauride.

Col nome di Tauride si soleva indicare la Crimea  ai tempi della Grecia classica.

 

Potemkin aveva vagheggiato di sottomettere la Grecia e la Turchia e di farne uno stato unico che egli stesso avrebbe governato.

Ma la seconda guerra russo-turca (1787/1792) si concluse senza troppo concedere alla Russia oltre a quel che già aveva sottratto all’Impero Ottomano: Francia e Gran Bretagna avanzavano le loro proteste e si dichiaravano disposte a difendere i Turchi.

 

Tuttavia fu possibile alla Russia navigare per il Mar d’Azov e per il Mar Nero, raggiungendo il Mediterraneo attraverso il Bosforo e i Dardanelli.

 

 

Era questo un miraggio che la Zarina aveva perseguito da tempo,tenendo fede al programma di Pietro il Grande.

 

Il Principe Potemkin, fedele alla Sovrana, volle completare l’opera di lei popolando i territori di recente conquista  che i Turchi avevano abbandonato incolti e paludosi.

Favorì perciò, d’accordo con Caterina, l’immigrazione di europei nelle zone vicine al Volga e ad altri fiumi che sfociavano nel Mar Nero, e sulle rive di esso fondò più d’una città, tra cui Sebastopoli.

 

Quando credette di aver compiuto almeno una parte del suo lavoro, invitò la Sovrana a fare un viaggio lungo il fiume Dniepr per vedere come erano mutati i territori conquistati.

 


Il Fiume Dniepr

 

 

Ma i tempi e il denaro non erano bastati per costruire vere case e veri villaggi.

Potemkin non si perse d’animo.

Fece costruire case di cartone dipinto, che viste da lontano e navigando sul fiume sembravano vere, per dare alla Zarina e ai suoi regali ospiti l’illusione che tutto era stato fatto.

 

Da allora in poi, l’espressione “villaggi di Potemkin” sta a indicare un’operazione di falsa propaganda con cui si vuol ingannare i dirigenti di altri paesi sui reali progressi del paese ospite, onde convincerli di un benessere che non è tutto autentico.

 

 La Zarina fece il viaggio in nave, e volle con sé come ospiti il Re di Polonia Stanislao II, l’Imperatore d’Austria Giuseppe II, il Principe di Ligne e l’ambasciatore di Francia, il Conte di Ségur, che null’altro poterono fare se non constatare che la Russia aveva smembrato la Polonia e poi la Turchia, prelevandone la parte migliore per sé.

 

Johann Baptist Lampi- L’Imperatrice Caterina II
1793-State Hermitage-S.Petersbourg

 

 

 

 

LA CULTURA

NELLA VITA DI CATERINA II

 

Un amore che l’Imperatrice russa nutrì per tutta la vita senza mai essergli  infedele fu quello verso la Cultura e le sue infinite forme.

 

Come si è già detto, essa aveva ampliato le sue conoscenze giovanili con letture autonome e contatti interpersonali con personaggi famosi della cultura internazionale.

Nella sua condizione di Sovrana di uno Stato di grande rilievo, non ebbe mai difficoltà ad avere alla sua corte  filosofi, scienziati, scrittori, pittori, di molti dei quali già si sono fatti i nomi,e che la considerarono “un despota illuminato” ,mentre Voltaire disse di lei che era “la Semiramide del Nord”.

 

Essa stessa amava scrivere, e sebbene le sue opere, brevi o lunghe che fossero, non avessero un rilievo dal punto di vista letterario, sono tuttavia oggi di qualche interesse dal punto di vista documentaristico, perché narrano fatti ed eventi di cui essa fu testimone e di cui è perciò fonte primaria.

 

Sempre come Imperatrice del suo Paese, a lei venivano presentate per prima le opere più pregevoli dell’ingegno non solo russo, ma anche di altre nazionalità, e perciò non di rado essa poteva godere di primizie straordinarie nel campo delle scoperte e della possibilità di acquistare oggetti di raro pregio il cui prezzo non molti avrebbero potuto permettersi di pagare.

 

Tra  gli oggetti d’arte che ella possedette, oltre a bellissime tele di pittori italiani, fiamminghi, francesi e spagnoli, vi furono collezioni di opere d’arte pregevolissime che Caterina acquistò da nobili e gentiluomini costretti a disfarsene per pagare debiti o per poter vivere lontani dalla patria, come accadde a molti nobili francesi nel periodo della Rivoluzione.

 

Caterina non avrebbe certo mai potuto immaginare che anche la nobiltà russa, riuscita a fuggire dalla Patria prima del 1917, avrebbe venduto poi i propri beni, sottratti in tempo alla Rivoluzione sovietica, per sopravvivere.

 

La Zarina volle arricchire ed abbellire la città di San Pietroburgo continuando l’opera dei suoi predecessori.

Chiamò gli architetti più famosi del tempo, tra cui alcuni italiani. 

Gli italiani avevano già da molto lasciato una traccia duratura del gusto rinascimentale, classico e barocco nella configurazione urbana della città, ed erano destinati  a continuare  nella loro opera di abbellimento e di ampliamento della parte nuova di Pietroburgo.

 

Un gruppo di 255 quadri che l’Imperatore di Prussia aveva commissionato ma  non aveva potuto più comprare a causa delle ingenti spese militari sostenute per la Guerra dei Sette anni fu il primo nucleo di opere d’arte che Caterina II acquistò dando inizio alla più straordinaria collezione di preziose  testimonianze del passato.

 

 Una parte del Palazzo d’Inverno fu destinata perciò dalla Sovrana alla raccolta di opere d’arte.

 

Col passar del tempo e con la continua crescita del numero di opere raccolte nel Palazzo, prese forma  un museo, detto l’Hermitage, che a sua volta si ampliò con altre costruzioni aggiunte in seguito e che tuttora accoglie esempi infiniti della capacità creativa dei più grandi artisti del passato accumulati per secoli dagli Zar.

 

Oggi l’Hermitage è il più grande Museo del mondo, con 2 milioni e 800mila opere in mostra.

 

Seguendo l’istintivo desiderio di acquisire ed esporre al pubblico opere di pittura, scultura, glittica, e di ogni genere d’arte,Caterina fece costruire non solo edifici a destinazione museale o li fece ampliare, come accadde per l’Hermitage stesso, ma destinò anche un Palazzo, l’Accademia delle Arti, alle riunioni e agli incontri con personaggi emeriti della cultura internazionale , vero e proprio cenacolo della conoscenza per il suo tempo.

 

 

Benjamin Paterssen- The embankment of Vasilyevsky Island near the Academy of Arts
1799- State Hermitage- S.Petersbourg

 

 

 

 

 

UN  LEGAME  IDEALE

 

Fra le sculture con cui Caterina II abbellì la città vi fu quella che dedicò al suo predecessore Pietro I il Grande, opera dello scultore francese Etienne Maurice Falconet, una statua equestre di straordinario impatto realistico  che si eleva al di sopra di un masso di granito rosso e sul cui basamento c’è una scritta in latino: PETRO PRIMO CATHARINA SECUNDA , “a Pietro I Caterina II “.

 

La dedica  esprimeva in poche parole tutto il programma politico della Zarina Caterina II: essa, nata in un altro paese e divenuta casualmente Imperatrice di Russia, era stata coinvolta così profondamente dall’amore per la sua nuova terra da voler continuare il programma di riforme e di ammodernamento del Paese, da sentirsi erede diretta dello Zar che per primo aveva aperto  la Russia alla visione occidentale della storia e della cultura.

 


Etienne Maurice Falconet-“The bronze horseman”-
Scultura equestre di Pietro I il Grande-1782
S.Petersbourg

 

 

Quando la follia iconoclasta della Rivoluzione si abbattè su tutti gli averi dei Romanov e della nobiltà russa, i rivoluzionari dimenticarono che il patrimonio artistico della Russia era un bene comune del popolo, e tutto distrussero nella convinzione che la bellezza dell’arte fosse la testimonianza  dello sfruttamento delle classi povere da parte dei ricchi.

 

Il secondo e più ferale colpo alle bellezze artistiche della Russia venne dalla II Guerra Mondiale, e, per San Pietroburgo, allora chiamata Leningrado, fu veramente un miracolo dovuto alla buona volontà dei cittadini se gran parte dei tesori d’arte dell’Hermitage furono sottratti alla distruzione recata dalle bombe di Hitler durante il   tristemente famoso assedio della città.

 

 

 

 

LA DIMORA DELL’ESTATE

 

Tra le tante dimore che gli zar ebbero a disposizione per trascorrervi periodi di libertà dalla vita di corte con i suoi impegni ufficiali, Caterina II preferì il Palazzo che si era fatta costruire a Tsarkoye Selo, poco distante da San Pietroburgo, in un vasto complesso di giardini e padiglioni creati per  vivere all’aperto e a contatto con la natura, particolarmente nella bella stagione.

 


Tsarkoye Selo-Palazzo di Caterina II-Bartolomeo Rastrelli Architetto-

 

 

L’esigenza di avere intorno giardini ben coltivati era stata già avvertita dallo stesso Pietro I  il Grande, il quale aveva preso spunto da Versailles in Francia e dai giardini all’italiana che avevano avuto tanto successo sin dal Rinascimento presso le corti di tutta l’Europa occidentale quando aveva fatto realizzare  i Giardini d’Inverno.

 

Ma Tsarkoye Selo era qualcosa di diverso.

Costruita da Bartolomeo Rastrelli, con lo stesso stile barocco e classico insieme che aveva segnato il Palazzo d’Inverno a Pietroburgo, la dimora imperiale godeva di saloni, gallerie ornate di sculture che Caterina aveva acquistato in Europa da collezionisti di fama, quadri e raccolte di oggetti di gusto squisito che l’Imperatrice aveva scelto con cura uno per uno.

 

Non ultima tra tante meraviglie, c’era nel Palazzo una camera tutta particolare.

Conoscendo la predilezione di Pietro il Grande per gli oggetti d’arte in ambra di rara fattura, l’Imperatore di Prussia Federico Guglielmo I gli fece dono di una straordinaria camera d’ambra, creata all’inizio del 18° secolo da Federico II Elettore del Brandeburgo.

 

 

Cofanetto in ambra –Inizio del XVIII secolo-Danzig-Prussia

 

 

Per “camera d’ambra” si intende il rivestimento di tutte le pareti di una camera, realizzato con mirabili pannelli lavorati sapientemente a mano e incisi con disegni di fiori, foglie, stemmi e figure che, posti l’uno accanto all’altro, ricoprivano per intero i muri di una stanza.

 

Essendo l’ambra un materiale  prezioso che si trova in natura in pezzi di non grandi dimensioni, si può comprendere il valore di una realizzazione del genere e della difficoltà a creare un lavoro di tal fatta la cui sola esecuzione aveva richiesto anni di impegno nel ritrovare la materia prima e nel portarne a termine la messa in opera.

 

 

Dal Castello di Charlottenburg a Berlino dove era stata impiantata per la prima volta, la Camera fu spostata in Russia.

 

Nel 1755 fu collocata nel Palazzo di Tsarkoye Selo e vi rimase sino al 1941, quando gli invasori Nazisti di Hitler la smontarono, la caricarono sui camions e la trasportarono –o almeno così dissero – a Koenisberg, quale bottino di guerra.

Ma lungo la strada per Koenisberg  le tracce della Camera d’ambra si persero, né fu mai più possibile ritrovarle.

 


Tsarkoye Selo-Il Palazzo di Caterina II-
La camera d’ambra-Particolare

 

 

Nel 1979 il Consiglio dei Ministri della Russia Sovietica decise di ricostruire il Palazzo di Tsarkoye Selo, crollato sotto le bombe nemiche, e di restaurare la Camera d’Ambra, sulla scorta dei disegni e delle fotografie esistenti nel Museo della città.

 

Quello che oggi si vede è dunque la copia dell’originale, sia per quanto riguarda il Palazzo che la Camera, e sta a testimoniare la tenace volontà di ripresa di un paese che ha visto distruggere le sue bellezze artistiche e culturali per ben due volte nell’arco di un secolo, a causa della violenza e dell’incultura degli uomini, accecati dalla barbarie della rivoluzione e della guerra.

 

 

 

 

UNA VITA DA  IMPERATRICE

 

Era ormai la fine del Settecento: il territorio su cui regnava si era ingrandito di un terzo da quando Caterina II era al potere.

Lei stessa aveva inviato disegnatori e cartografi per documentare l’aspetto del vasto impero.

 

Molte cose erano mutate, per lo più in meglio, anche se, rispetto al punto di vista odierno, il mondo russo di allora ci appare ancora sottoposto all’oscurità del feudalesimo e della prepotenza dei nobili e dei ricchi, fortemente legati al possesso della terra.

 

 

Caterina II Imperatrice di Russia

 

 

Caterina aveva voluto fare molte riforme, ma non aveva mutato le condizioni dei contadini e dei ceti più poveri. Era prematuro comprendere quel che sarebbe accaduto qualche secolo dopo.

Quando l’Imperatrice, dopo 34 anni di regno, concluse la sua esistenza, il popolo la pianse: per esso, rispetto ai tempi, Caterina era stata “la Grande Madre” che scompariva lasciando orfani milioni di figli.

 

La Russia aveva raggiunto come stato la sua massima estensione, si era aperta ai commerci e agli scambi, aveva imparato, almeno per una sia pur minima parte dei suoi cittadini, ad apprezzare e a coltivare la cultura.

 

Le succedeva sul trono il figlio Paolo con l’appellativo di Zar Paolo I.

 

Essa aveva previsto che il figlio non sarebbe stato molto amato e non avrebbe avuto lunga vita: per questo aveva allevato con l’intento di farne un buon sovrano il nipote Alessandro.

 

E  fu così come lei aveva immaginato.

Paolo I ebbe una vita breve: fu assassinato dopo pochi anni di regno, e gli successe il figlio Alessandro, che aveva sposato Elisabeth von Baden. Anche su di lui sarebbe  sorto più di un fondato dubbio  per aver dato il suo consenso all’uccisione del padre.

Sembrava che una maledizione pesasse sul trono imperiale della Russia: il potere si fondava sul sangue versato da mogli, mariti e figli.

      

Ormai l’Ottocento apriva le sue porte: di Caterina la Grande, Zarina di tutte le Russie restava il ricordo ,i quadri celebri e i monumenti,e l’adorata città di San Pietroburgo dove era trascorsa, nel bene o nel male, la sua straordinaria vita.

                            

  

 

Kate Catà.

 

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