una rosa d'oro

 

Narrativa


 

BIEDERMEIER  IN CUCINA

 

Racconto di

CLELIA DI STEFANO

 

 

La casa adesso era quasi finita.

Le porte d’ingresso erano state collaudate e finalmente chiuse, con delle chiavi nuove che ora nessun altro avrebbe avuto in uso se non i soli padroni di casa.

Per fortuna la pulizia delle stanze, dei pavimenti col parquet, biondo e delicato, dei vetri ampi ed alti, dei tetti che parevano irraggiungibili era stata già fatta.

 

Eve Shpritser- Connections I

 

Ma la polvere sembrava avere una fonte continua e inarrestabile, sorgeva dal nulla, da tutti gli anfratti delle stanze ancora semi-vuote e con qualche mobile che indicava approssimativamente l’uso che se ne sarebbe fatto o l’appartenenza ai vari membri della famiglia.

 

La destinazione degli ambienti, la suddivisione dello spazio, il disegno delle stanze erano nati sul campo.

Nessuno di loro due aveva pensato prima come avrebbe voluto quella casa, perché era una casa di famiglia, e andare ad abitarla era stata in certo senso una scelta obbligata, dal momento che quella dove avevano vissuto nei primi anni di matrimonio, per quanto non fosse affatto piccola, era tuttavia ormai insufficiente alle loro necessità e al numero, ormai accresciuto, dei componenti della comunità familiare.

 

La soluzione più immediata ai loro problemi abitativi era stata quella di utilizzare un appartamento libero, di loro proprietà, che avevano stabilito prima di dare in locazione, ma che, ripensandoci, si erano decisi a sfruttare come abitazione per sé, facendolo ristrutturare secondo i loro nuovi bisogni.

 

Avevano cambiato due volte architetto, molte volte avevano rivisto e riconsiderato la destinazione d’uso dello spazio a disposizione.

Finalmente, dopo più di due anni, l’abitazione aveva una nuova fisionomia.

Gli spazi aperti e luminosi nella zona destinata alla vita sociale e  in comune si restringevano attraverso ampi corridoi verso i penetrali della casa, là dove si trovavano le camere da letto e i servizi, quasi a voler celare ad occhi estranei la vita privata dei padroni di casa e delle figlie.

 

Marlene Healey- Sfera levitante

 

Sembrava quasi che tutto il candore e la luce della living-room e dell’ingresso volesse affascinare e trattenere l’attenzione di chi entrava dalla porta di casa per distrarlo dal resto dell’appartamento, per rendere meno desiderabile l’opportunità di  visitare anche gli altri ambienti, quelli in cui si svolgeva la parte più segreta della vita domestica.

 

Ma in realtà la famiglia aveva ancora un vastissimo spazio da vivere.

A parte le camere da  letto e i bagni arredati con ogni cura, un altro ambiente si apriva all’accoglienza quotidiana per  diverse funzioni e vari momenti di aggregazione.

 

L’ampia cucina, tutta bianca nei legni laccati delle armadiature e dei marmi di Carrara dei ripiani, rilucente negli acciai della macchina a gas, del forno, del capiente frigidaire, si specchiava moltiplicandosi all’infinito nei vetri degli sportelli, delle finestre, di una parete, costituita di solo cristallo, che separava la veranda dalla zona destinata alla prima colazione o ad un pranzo intimo e, perché no, ad una cenetta improvvisata con pochi amici.

 

Don Li-Leger –La ragione del poeta

 

Lampade pensili dal disegno volutamente “rétro” illuminavano le varie parti del vasto ambiente, e, nel centro di quella riservata ai pasti familiari, era stato sistemato un tavolo ovale un po’ particolare.

 

Lo avevano cercato a lungo, un tavolo da mettere in cucina nella casa nuova.

Lo avevano pensato e ripensato, sin da quando avevano iniziato la ristrutturazione dell’appartamento, perché non volevano portarsi dietro quasi nulla dei mobili della casa precedente, non perché non fossero belli o funzionali, né perché fossero vecchi o usurati dal tempo.

 

Dieci anni di matrimonio non avevano scalfito se non in superficie i  mobili della loro prima casa, che era stata veramente un delizioso nido per la famiglia appena formatasi, pensato con l’attenzione della prima volta, realizzato con la cura di due persone che trasfondono nelle cose che li circondano l’amore e l’interesse reciproco.

In realtà, però, li aveva presi, senza che se ne rendessero conto, un desiderio di novità, e, se si vuole, di trasgressione.

Una trasgressione minimalista, certamente, che si estrinsecava nelle scelte abitative del nuovo appartamento, negli addobbi e nelle suppellettili, nella ricerca di qualcosa di nuovo capace di sorprendere, un modo di osare gesti e forme  inconsueti, destinati a distinguersi dal prevedibile e dal quotidiano.

 

Brent Nelson- Escalate

 

Avevano consultato cataloghi, visitato negozi, comprato riviste d’arredamento, ma non avevano trovato nulla che li soddisfacesse.

 

Infine, come spesso accade, per caso avevano visto quel tavolo in un negozio di antiquario che trattava solo quello stile.

Dapprima si erano chiesti se dovessero sostituire con quell’armonioso tavolo di legno biondo, dalle linee semplici ma eleganti, il loro tavolo della stanza da pranzo, di stile del tutto differente, legato ad altri mobili che intendevano salvare e portare nella nuova dimora.

Poi avevano compreso che avrebbero distrutto un’armonia preesistente senza tuttavia creare qualcosa di nuovo che fosse armonico e gradevole come la situazione precedente.

 

Tuttavia  il tavolo Biedermeier li aveva  ormai stregati.

Passavano e ripassavano davanti il negozio, dietro le cui vetrine era esposto, per guardarlo e non sapevano che cosa desiderare: se ritrovarlo per decidere infine di acquistarlo, o se non rivederlo più, perché era stato venduto e perduto per sempre.

Naturalmente,forse perché era destino che dovessero comprarlo, lo acquistarono.

Restava da capire dove gli avrebbero trovato un posto.

In realtà, loro avevano bisogno di un tavolo solo in un ambiente: nella cucina.

E, benché sembrasse un’eresia mettere un Biedermeier in cucina, decisero che il suo posto sarebbe stato quello.

 

Judeen- Urban Country II

 

Nessuno di loro due si sorprese quando,dopo essere stato sistemato nella zona-pranzo dell’ambiente cui era stato destinato, il tavolo mostrò tutta la sua raffinata bellezza e la sua disinvolta adattabilità.

In fondo, avevano desiderato quella casa per abitare uno spazio più ampio e per avere maggiori comodità.

Il tavolo Biedermeier diventava così per loro l’icona di un nuovo e raggiunto desiderio di serenità.

 

Volk –Warmt

 

 

 

Kate Catà

(Clelia Di Stefano)